Perché ci vuole tempo per perdonare, ma poi il perdono scoppia così, all’improvviso, nell’osservare la fragilità dell’altro, e la sua somiglianza con noi.
Venerdì 26 aprile, presso la Biblioteca Antoniana, Lucia Montagnino ha presentato il libro scritto con Cristina Zagaria “Storia di un abbraccio”, che racconta la sua storia, dall’infanzia fino all’incontro con l’Amore, poi la tragedia e quanto ne è venuto fuori.
Perché Lucia è la vedova di Gaetano Montanino, guardia giurata, ucciso in una notte d’agosto del 2009 per rubargli la pistola di ordinanza, secondo quanto hanno stabilito le indagini.
Ma Gaetano era anche il compagno e l’amore di una vita, conosciuto da ragazzina e amato da subito, e la sua morte butta Lucia in una profonda frustrazione. Le ci vorranno mesi per riprendersi, ma grazie ai “sassolini” – come li chiama lei – che le hanno regalato da piccola i suoi nonni con il loro esempio (saggezza, positività, ottimismo, gioia di vivere e tanto altro), riprende a lavorare come assistente sociale e comincia a girare per carceri e scuole portando la sua testimonianza, anche sostenuta da don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera.
A un certo punto viene contattata dal direttore del carcere di Nisida, dove si trova uno dei responsabili di quel delitto, che all’epoca aveva 17 anni: il ragazzo non cerca scuse, è sinceramente pentito e vorrebbe incontrarla. Potrebbero entrare entrambi in un percorso che la legge italiana prevede, quello della “giustizia riparativa” (seguito anche da Agnese Moro – e ne avevamo raccontato su Kaire 46 del 16 dicembre 2013), e che può portare benefici a entrambi.
Ma Lucia non se la sente, il solo pensiero la fa star male. Poi, inatteso, arriva il 21 marzo 2017: manifestazione di Libera sul lungomare di Napoli. E le indicano un ragazzo, sul palco. “Rivolsi lo sguardo verso di lui. – racconta – Cercavo un mostro, vidi un ragazzino. Tremava, piangeva. Non ho mai avvertito tanto dolore negli occhi di una persona. Era come un animale ferito dal male che lui stesso aveva provocato.” Si abbracciano, e il ragazzo chiede perdono. “Mentre parlava, stava per svenire. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo.”
Da allora Lucia lo ha aiutato a cambiare vita, arrivando in pratica ad adottare la sua famiglia (lui la chiama il suo “angelo custode” e per i suoi due figli – il maggiore concepito una settimana prima del delitto – lei è “la nonna”). Non è un percorso facile e la strada è lunga, ma, dice Lucia “sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono, mi dà sollievo.”
Il libro, presentato all’Antoniana, è volutamente rivolto agli adolescenti, dagli 11 anni in su (anche se può essere apprezzato da tutti), per sottolineare che esiste anche un’altra strada per elaborare il dolore, e un modello di giustizia che non vuole cancellare il debito con la società ma mettere il colpevole nella condizione di affrontarlo sostenendo lo sguardo della persona alla quale ha fatto del male, per cambiare veramente.
Nota: il Presidio Libera – Ischia e Procida, nato nel 2016, è intestato a Gaetano Montanino