Convegno annuale della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale
Martedì 30 aprile si è svolto presso la sezione San Luigi (PP Gesuiti, Posillipo) l’annuale convegno degli studenti della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. L’evento nella sua struttura, contenuti e modalità è interamente affidato agli studenti. Il tema scelto per quest’anno dagli studenti della sez. San Luigi è quello dell’abitare. In un’epoca complessa come la nostra, dove le difficoltà di vario genere sono all’ordine del giorno, la fede cristiana è chiamata come non mai a lasciare qualsiasi tipo di retorica o astrattismo per farsi concretezza nel contesto in cui si vive. Il titolo, dunque, della giornata: Oikeo: dalle radici al presente.
Il primo momento della giornata, dopo le iscrizioni e i saluti iniziali, ha visto intervenire P. Massimiliano, frate minore rinnovato, con un’introduzione del tutto insolita per le caratteristiche “classiche” di un convegno: la meditazione della Parola, in particolare ri-trattegando l’immagine pasquale di Emmaus con una parte della lettera agli Efesini, titolando l’intervento: Radicati e fondati nell’agape per abitare evangelicamente il mondo. L’invito allora, per entrare nel vivo delle riflessioni che sarebbero state proposte successivamente, ad abitare la relazione con il Signore per trasfigurare lo sguardo sul mondo. La meditazione è stata accompagnata, poi, dall’accostamento alle parole di C. Bobin, da cui lo stesso titolo della riflessione proposta prende spunto. Dell’autore le seguenti parole:
«Soffriamo di un linguaggio che è sempre più ridotto, sempre più funzionale. abbiamo reso il mondo estraneo a noi stessi, e forse ciò che chiamiamo poesia è solo riabitare questo mondo e addomesticarlo di nuovo. […] Credo, infatti, che abitare poeticamente il mondo sia anche, e in primo luogo, abitarlo da contemplativi. Contemplare è un modo di prendersi cura. È demolire tutto ciò che in noi assomiglia a un’avidità, o anche a un’attesa […]. [è] guardare e commuoversi per l’assenza di differenza tra ciò che vediamo e ciò che siamo» (C. Bobin, Abitare poeticamente il mondo).
Dopo un tempo dedicato alla meditazione, l’apertura dei lavori della giornata con un ospite d’eccezione, l’attrice Angela Caterina, vicepresidente del teatro Europa (Av) che ha offerto ai partecipanti un’interpretazione toccante di “Madonna delle Rose” (Filumena Marturano) di Edoardo De Filippo: monologo che raccoglie il grido disperato di una donna napoletana che rispecchia le sue sofferenze nello sguardo silenzioso, forse comprensivo, di quella Madonna che illumina il suo vicolo.
La Parola prima, la drammatizzazione poi, hanno introdotto l’intervento principale della giornata, tenuto da Mons. Giovanni Cesare Pagazzi, segretario della sezione per l’educazione del Dicastero per la cultura e l’educazione. Il presule ha offerto una riflessione sul rapporto tra l’abitare e l’identità. A che livello riflettere sull’abitare umano? A partire dall’antropologia, attenzione non concettuale, bensì esperienziale, fenomenologica. Infatti, alla luce della nostra esperienza del nascere, dell’entrare nella vita uscendo dalla “casa” che è il grembo materno, è stata evidenziata la relazione costitutiva con il Signore in un mondo che va abitato perché è la realtà che con fiducia abbiamo già sperimentato nella relazione con i nostri genitori. Da dove, però, la paura, da dove le difficoltà? Dalla nostra diffidenza verso la realtà, e quale realtà in modo particolare? la relazione con Dio.
Da dove nasce la diffidenza? Dalle paure! Scontato e naturale averne, non consequenziale assecondarle! Il senso di abitare la relazione con Dio è perché di fatto è, fa, casa! Casa è il luogo dove necessariamente sei al sicuro. Ecco, riprendendo la lettera agli Ebrei, Mons. Pagazzi sottolinea proprio questa dimensione del relazionarsi a Dio in Cristo Gesù: «Gran parte della nostra vita è determinata dalle nostre paure. L’autore della lettera agli Ebrei ci dice che Cristo al momento non ci libera dalla morte, tant’è che moriamo tutti – verrà il momento in cui ci libererà – ma già da questo momento Cristo ci libera, dice il testo greco, dalla fobia… e di tutte le sue parenti: la paura di invecchiare, la paura di non piacere […]. Casa, allora, è il luogo – almeno lì – dove io non ho paura! Sono liberato dal peso della paura!»
Dopo l’intervento centrale di Mons. Pagazzi, l’avvio della tavola rotonda che, alla luce dei temi proposti, ha visto dialogare fra loro: la prof. Teresa Piscitelli e il prof. Valerio Petrarca, docenti, entrambi dell’Università statale Federico II; ancora, il dott. Martino Del Mastro, restauratore di beni culturali della provincia di Avellino. Rispettivamente, la Piscitelli, docente di letteratura cristiana, ha offerto un ritratto sulla vita di Paolino di Nola, del suo modo di abitare questa terra, ma soprattutto della capacità insita alla natura culturale stessa della formazione della persona, di porre in dialogo la classe alta della società romana con la fede cristiana. Il Petrarca, invece, antropologo culturale, studioso dell’antropologia religiosa, ha introdotto la questione globale dell’inculturazione, cioè come il fenomeno religioso si esprima nelle diverse località della terra, in modo particolare nelle società comunemente ancora chiamate “arcaiche”. Al Del Mastro, invece, il compito di relazionare tre epoche: preistoria, arte paleocristiana, modernità. Il filo rosso che unisce periodi così distanti si dà nel tema centrale della giornata: l’arte è espressione dell’abitare e del modo di concepire l’abitare per l’uomo di ogni tempo.
Cultura, antropologia, arte nelle sue diverse forme (teatro compreso) hanno dato vita a laboratori interessantissimi che hanno visto gli studenti impegnati lungo tutto il pomeriggio. Tra questi, curati dai relatori sopracitati, spicca il laboratorio della Caterina dove il Vangelo in alcuni suoi passi non è stato solo drammatizzato ma finanche “incarnato” per un annuncio dinamico, soprattutto coinvolgente; dove per coinvolgimento si intende il tutto della persona, specie la dimensione emotiva.
di Francesco Ferrandino