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La speranza della ricompensa

La speranza è la seconda virtù teologale che è stata approfondita da Papa Francesco nella catechesi del mercoledì: « “La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1817). Queste parole ci confermano che la speranza è la risposta offerta al nostro cuore, quando nasce in noi la domanda assoluta: “Che ne sarà di me? Qual è la meta del viaggio? Che ne è del destino del mondo?”. Tutti ci accorgiamo che una risposta negativa a queste domande produce tristezza. Se non c’è un senso al viaggio della vita, se all’inizio e alla fine c’è il nulla, allora ci domandiamo perché mai dovremmo camminare: da qui nasce la disperazione dell’uomo, la sensazione della inutilità di tutto. E molti potrebbero ribellarsi: mi sono sforzato di essere virtuoso, di essere prudente, giusto, forte, temperante. Sono stato anche un uomo o una donna di fede…

A che cosa è servito il mio combattimento se tutto finisce qui? Se manca la speranza, tutte le altre virtù rischiano di sgretolarsi e di finire in cenere. Se non esistesse un domani affidabile, un orizzonte luminoso, non resterebbe che concludere che la virtù sia una fatica inutile. «Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente», diceva Benedetto XVI. Il cristiano ha speranza non per merito proprio. Se crede nel futuro è perché Cristo è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito».

Verso la fine dei suoi anni, quando il suo corpo era stremato da varie malattie e penitenze, il Serafico Padre d’Assisi non si lasciò vincere dalla disperazione, infatti tutto concorreva alla gloria futura che avrebbe ricevuto, come ricompensa per tanta sofferenza. “Anzitutto, per renderlo più glorioso nel trionfo, l’Altissimo gli affidò compiti difficili non solo al principio del suo servizio, ma continuò a dargli occasione di gloria anche quando era già veterano. Poi, in ciò ha lasciato un esempio ai suoi seguaci, in quanto non ha fatto niente con meno fervore perché maturo di anni, e niente con meno rigore perché ammalato. E neppure senza motivo fu la sua perfetta purificazione in questa valle di lacrime: con essa ha pagato sino all’ultimo spicciolo se vi era rimasto qualcosa da bruciare, in modo da volare poi, purificatissimo, in cielo. Ma la principale ragione dei suoi dolori penso sia stata, come egli affermava di altri, la speranza di ricevere nel sopportarli una grande ricompensa. Una notte, essendo sfinito più del solito per le gravi e diverse molestie delle sue malattie, cominciò nell’intimo del suo cuore ad avere compassione di se stesso.

Ma, affinché lo spirito sempre pronto non provasse, neppure per un istante, alcuna debolezza umana per il corpo, invocò Cristo e col suo aiuto tenne saldo lo scudo della pazienza. Mentre pregava così impegnato in questa lotta, Signore gli promise la vita eterna con questa similitudine: «Supponi che la terra e l’universo intiero sia oro prezioso di valore inestimabile e che, tolto ogni dolore, ti venga dato per le tue gravi sofferenze un tesoro di tanta gloria che, a suo confronto, sia un niente l’oro predetto, neppure degno di essere nominato; non saresti tu contento e non sopporteresti volentieri questi dolori momentanei?». «Certo sarei contento–rispose il Santo–e sarei contento smisuratamente!». «Esulta dunque, –conclude il Signore–perché la tua infermità è caparra del mio regno e per il merito della pazienza devi aspettarti con sicurezza e certezza di aver parte allo stesso regno».

Quanta esultanza pensi che abbia provato questo uomo, beato per una promessa così felice? Con quanta pazienza, non solo, ma anche con quanto amore avrà abbracciato le sofferenze fisiche? Soltanto lui lo sa adesso perfettamente, perché allora non fu in grado di esprimerlo. Tuttavia ne fece qualche cenno ai compagni, come poté. In quella circostanza compose alcune Lodi delle creature, in cui le invita a lodare come è loro possibile, il Creatore (FF 801-802)”.

Papa Francesco conclude: «Fratelli e sorelle, andiamo avanti e chiediamo la grazia di avere la speranza, la speranza con la pazienza. Sempre guardare a quell’incontro definitivo; sempre pensare che il Signore è vicino a noi, che mai, mai la morte sarà vittoriosa! Andiamo avanti e chiediamo al Signore ci dia questa grande virtù della speranza, accompagnata dalla pazienza. Grazie».

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