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L’importanza di donare gioia

Il periodo di luglio si è trasformato per le diocesi di Pozzuoli e di Ischia in un mese missionario. Un gruppo di giovani delle parrocchie dell’area flegrea si sono recati in Albania per un’esperienza di servizio verso bambini e famiglie bisognose, insieme al seminarista Ivan Aiello della diocesi di Ischia e guidati dal direttore della pastorale giovanile don Enzo Cimarelli, dal direttore dell’ufficio missionario don Pasquale Mancuso e dal direttore della Caritas diocesana padre Giuseppe Carulli.

I partecipanti, oltre le attività di animazione con i ragazzi e l’impegno a favore dei poveri, hanno anche effettuato delle visite in luoghi significativi del paese. Particolarmente toccante la visita al carcere di prima detenzione di Scutari, ora diventato un museo, dove i sospettati di reati politici e di professione religiosa (nel 1967 fu dichiarato l’ateismo di Stato) venivano detenuti e torturati in attesa di processo. Come sottolineato dai giovani nel resoconto del viaggio, riportato sulla pagina facebook della pastorale giovanile, migliaia sono stati i morti sotto il regime comunista, tra cui tantissimi sacerdoti, suore e laici. Celle piccolissime ospitavano fino a venti persone, sottoposte a inenarrabili torture per indurle a confessare la loro appartenenza a una qualsiasi religione o a un’ideologia avversa.

Dopo questa toccante visita, che ha mostrato in modo evidente “dove può arrivare la follia dell’uomo quando si aliena da Dio”, i giovani hanno fatto visita alle suore clarisse, il cui monastero si trova, significativamente, a pochi metri dall’ex carcere, come a voler riparare, con la preghiera perpetua e il dono di sé, quelle atrocità.

Il giorno successivo è stato celebrato il Sacramento della Riconciliazione. Dopo una bellissima riflessione tenuta dal seminarista Ivan, tutti i partecipanti al campo si sono confessati con i tre sacerdoti puteolani e padre Jarek, sacerdote dehoniano missionario in Albania. In serata hanno ricevuto la visita dei padri vincenziani della missione albanese, con cui è stata condivisa la cena e un momento di riflessione sull’esperienza nelle carceri.

La settimana si è chiusa con la visita all’oratorio salesiano di Scutari, che ospita, soprattutto in estate, centinaia di ragazzi che fanno esperienza del metodo educativo di san Giovanni Bosco, trovando un luogo dove pregare e giocare insieme. La serata si è conclusa con la cena condivisa con gli animatori dell’oratorio.

Significativi i racconti dei giovani partecipanti. «L’Albania – sottolinea Ornella Capuano (nella foto 1) – è un posto che ti sbatte in faccia, in più occasioni, che nulla nella vita è scontato; in luoghi di morte sono ri-nati luoghi di amore. Dai bambini ho ricevuto molto più di quanto ho dato, tra sorrisi e partite a pallone; la barriera linguistica non è mai esistita, mi ha insegnato che i limiti sono soprattutto nella nostra testa e che vai bene così come sei, in maniera totalmente autentica. La missione d’amore delle suore di Madre Teresa è stata per me fonte di esempio, di ammirazione ma soprattutto di coraggio».

Giornate di forti emozioni, come racconta Daniela Ramaglietti (nella foto 2): «Dentro di me ho vissuto un senso di smarrimento, debolezza, impotenza, lacrime. Ho visto donne quasi in stato vegetativo, in carrozzina, allettate, qualcuna non sentiva, altre non vedevano. Bisogna lavarle, cucinare, imboccarle, farle bere. Un piccolo gruppo di suore, aiutate da poche altre donne, fanno questo tutti i giorni. Ho imparato che Diana se la chiami gioisce, che Zurika è una furba incredibile, che Violeta mette i piedi a terra quando vuole sistemarsi da sola sulla sedia, che Angela, pur non vedendo e sentendo male, adora le carezze e i suoni. Un gruppo di frati cappuccini mi ha fatto capire l’importanza del donare “gioia”. Ho constatato che sono forte e che quel mio modo di vivere sempre con il sorriso è una fortuna. Ho imparato i loro gesti: se vogliono essere lasciate in pace, ti tirano la mano; se vogliono essere accarezzate, accompagnano la tua mano al loro viso».

Qualche operatrice è tornata per la seconda volta, come Morena Aloi (nella foto 3). «Dopo due anni – ha sottolineato – posso dire di essere tornata nel mio posto del cuore, nella mia seconda casa. Qui ho compreso le parole di Ultimo: “trovavo me stesso solo sopra ad un palco”. Come lui si sente a suo agio sul palco, così io mi sono sentita completa in ogni momento di questa missione. Ogni esperienza vissuta, ogni persona conosciuta e ogni storia ascoltata hanno lasciato un segno dentro il mio cuore. Ho conosciuto meglio la storia del popolo albanese e ho imparato quanto siano importanti la solidarietà, il sacrificio, l’umiltà e la forza di volontà. Ogni sorriso di un bambino, ogni aiuto dato e ricevuto, ogni visita nelle case del villaggio e ogni momento con gli animatori mi ha dato una nuova visione della vita».

Tutti i partecipanti, infatti, raccontano di aver “ricevuto tanto” dai missionari, dai bambini, dalle famiglie incontrate. «Tra tutte le cose che ho imparato – ha aggiunto Gaia Veneruso (nella foto 4) – la prima è sicuramente l’esistenza dell’amore incondizionato, che non chiede nulla in cambio. Klarisa, Martina, Nisa, Ailinda, Frank e tantissimi altri bambini mi hanno amata senza nemmeno riuscire a capirmi, si sono sciolti in un mio abbraccio senza conoscere niente di me, si sono fidati immediatamente nonostante le situazioni complicate da cui provenivano».

Partendo, gli organizzatori promettono di ritornare anche il prossimo anno. «Ho incontrato il Signore della vita nella mia vita – dichiara il seminarista Ivan Aiello (nella foto 5) –, ho vissuto un’esperienza che non si può raccontare facilmente, ma solo vivere. È il coronamento di questi anni di riflessione e di ricerca, nei quali ho potuto incontrare quel Dio che muove i miei passi con il suo Amore. Siamo entrati nella storia di un popolo che ha perseverato nel proprio credo e non ha mai abbassato la testa di fronte all’oppressione. Ho vissuto vera fraternità, unità, comunità, ho visto missionari e suore che hanno scelto di dedicare totalmente la loro vita agli altri. Posso dire solo grazie. Grazie a questa bellissima terra, alla sua gente, a quanti ho incontrato in questi giorni, a quanti sono stati con me. Vi porterò nel mio cuore, vi porteremo nei nostri cuori, dove ci sarà sempre un posto per voi». Sempre nel mese di luglio, Chiara, un’altra giovane dell’oratorio di Soccavo, è partita per l’Albania, svolgendo un periodo di servizio nel centro di Scutari, e Michaela si è recata in Egitto (nella foto 6). operando in un oratorio salesiano, nel quale coesistono egiziani (in maggioranza copti ortodossi) e sud sudanesi (rifugiati che seguono il rito cattolico latino). Oltre alle attività di animazione per bambini/ragazzi nel grest (con balli, giochi), grande attenzione ogni giorno era rivolta alla preghiera. Il viaggio è stato organizzato dall’Ispettoria Meridionale dei Salesiani.

di Carlo Lettieri

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