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Non è mai troppo tardi

Omelia del Vescovo Carlo nel settimo anniversario del terremoto presso la Parrocchia Santa Maria Maddalena in Casamicciola (Ez 34,1-11; Mt 20,1-16)

La parabola degli operai nella vigna, tratta dal vangelo di Matteo, che la Liturgia della parola ci ha proposto mercoledì 21 agosto scorso, memoria di San Pio X Papa, settimo anniversario dell’ultimo grave terremoto di Casamicciola, ci lascia – come spesso accade con le parole pronunciate da Gesù – perplessi e dubbiosi. Fatichiamo ad accettare quel padrone che chiama gli operai a lavorare quando gli pare, chi all’inizio della giornata, per molte ore, chi alla fine della giornata, per poche ore, ricompensando tutti con la stessa somma. Alle rivendicazioni sindacali di chi si sente sfruttato – chi ha lavorato più ore – egli risponde secco che in casa sua decide lui e consiglia di non provare invidia per la sua magnanimità. Insomma, ci indispettisce non poco seguire una logica che non corrisponde alla nostra e che ci sembra ingiusta.

Il Vescovo Carlo ci aiuta, nella sua omelia, a spostare la nostra prospettiva e a direzionarla verso la logica di Dio, aprendoci orizzonti diversi e nuovi. Le parole di Gesù inquietano chi le ascolta, ma l’inquietudine serve a svegliare, a interrogare, a porre il problema. Per prima cosa, ha commentato il Mons. Villano, è necessario partire dal Kerigma, il nocciolo centrale del Vangelo, la buona notizia: Dio ci ama, ha dato la vita per noi e con noi vuole realizzare il Regno di Dio, che è la nostra felicità. Affinché questo avvenga è necessario seguire le indicazioni del Signore. La parabola pone l’accento, tra le altre cose, sulla necessità della ricompensa, che è «… una ricompensa che è Dio stesso, il suo amore e la sua misericordia verso ciascuno di noi»

Ma cosa chiede Dio in cambio?

«Il Signore ha chiesto la nostra conversione a Lui. Egli chiede la conversione del nostro cuore al suo cuore di padre».

Il Signore chiede il cambio di prospettiva, l’assunzione della sua logica, che è quella dell’amore incondizionato. È la logica che ci ha insegnato Cristo, che noi fatichiamo ad interiorizzare, una difficoltà che è espressa dalle rivendicazioni degli operai che stentano a essere felici per gli altri lavoratori che hanno faticato per meno tempo. Si dovrebbe invece pensare che chi ha lavorato di più è stato più a lungo e prima degli altri al servizio del Signore.

Le differenze temporali vanno poi valutate in modo nuovo: Dio passa nelle nostre vite più volte, in diversi momenti, poiché quella conversione può non avvenire subito, può richiedere tempo, per tutta la giornata, lungo tutto l’arco della nostra vita, Dio passa e ripassa: «I Padri della Chiesa commentando questo brano del Vangelo ci ricordano che nessuno di noi potrà dire di non essere stato chiamato a lavorare per il Vangelo, nessuno di noi può dire “è troppo tardi per lavorare per il Regno di Dio!”».

Convertirsi alla logica di Dio significa imparare ad usare verso gli altri quella misericordia che Lui usa con ciascuno di noi. Dio si prende cura di noi e noi dobbiamo fare altrettanto, ha detto il Padre Carlo, cogliendo il nesso con il brano del profeta Ezechiele presentato come Prima Lettura, brano nel quale Dio, per bocca del profeta, indirizza un terribile monito ai pastori che non si prendono cura del gregge loro affidato. Questo brano è stato da sempre utilizzato contro sacerdoti, parroci, vescovi, ma anche governanti e amministratori, che disattendono il loro mandato, abbandonando il popolo loro affidato, smaniosi di gestire il potere.

«Questo prendersi cura credo sia anche il lavoro che Lui ci chiede, se Lui si prende cura di noi, allora noi siamo chiamati – come ci siamo già detti altre volte – a prenderci cura gli uni degli altri, a fare bene il bene reciproco».

Il Vescovo ha concluso affermando che la parola di Ezechiele può essere estesa a tutti, ecclesiastici e rappresentanti delle istituzioni, poiché «…anche in chi governa si sente la grazia di Dio».

Siamo dunque chiamati a prenderci cura gli uni degli altri avendo cura del fratello e della sorella: «Io mi prendo cura di te perché per me tu sei importante, perché tu per me non sei un numero o un evento passato nella mia storia, mi prendo cura di te perché ho a cuore la tua vita, perché la tua vita mi interessa».

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