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Un Padre che non ci abbandona

La richiesta è che Dio ci guidi e ci dia la forza di resistere alle tentazioni che incontriamo nella nostra vita quotidiana, aiutandoci a scegliere il bene e a evitare il male

L’espressione “non abbandonarci alla tentazione” nel Padre Nostro, nella versione italiana del testo, rappresenta una preghiera in cui si chiede a Dio di non lasciarci cadere nelle tentazioni e di proteggerci dal peccato. La richiesta è che Dio ci guidi e ci dia la forza di resistere alle tentazioni che incontriamo nella nostra vita quotidiana, aiutandoci a scegliere il bene e a evitare il male. Questa frase ha suscitato diverse interpretazioni teologiche. Una delle interpretazioni principali è che non si chiede a Dio di evitare che siamo tentati, poiché la tentazione è parte della condizione umana, ma piuttosto di non permettere che queste tentazioni ci sopraffacciano, di darci la grazia necessaria per superarle. Nel 2017, Papa Francesco ha approvato una modifica della traduzione italiana del Padre Nostro, sostituendo “non indurci in tentazione” con “non abbandonarci alla tentazione” per chiarire meglio il significato.

Questo cambiamento è stato fatto per evitare l’idea che Dio possa “indurre” qualcuno in tentazione, concetto che non sarebbe coerente con la bontà e la misericordia di Dio. La frase “non ci indurre in tentazione” nella versione precedente del Padre Nostro era una traduzione letterale del testo greco originale del Vangelo di Matteo (6,13).

La traduzione latina della Vulgata, “et ne nos inducas in tentationem”, rifletteva lo stesso significato. La frase “non ci indurre in tentazione” era una traduzione piuttosto letterale dell’originale greco e latino. Il verbo “indurre” (dal latino “inducere”) trasmette l’idea di essere condotti o portati in una situazione, in questo caso, la tentazione. Per secoli, questa è stata la versione accettata e recitata dai fedeli, anche se il significato preciso poteva essere fonte di fraintendimenti.

La formulazione “non ci indurre in tentazione” poteva essere interpretata come se Dio fosse in qualche modo responsabile di condurre le persone verso la tentazione o il peccato. Questo, però, è teologicamente problematico, perché non sarebbe coerente con la natura di Dio come fonte di bene e guida verso il bene.

La nuova traduzione “non abbandonarci alla tentazione” è stata scelta per esprimere meglio il significato del testo originale, ovvero chiedere a Dio di non permettere che la tentazione ci sopraffaccia e di non lasciarci soli di fronte alle prove. Questo riflette una comprensione più chiara del fatto che Dio ci sostiene nelle difficoltà e ci dà la forza per resistere alle tentazioni. Papa Francesco e altri teologi hanno sottolineato l’importanza di una traduzione che rispecchi fedelmente il messaggio cristiano, evitando ambiguità che possano confondere i fedeli.

Il cambiamento, quindi, è stato fatto per riflettere una comprensione più accurata e teologicamente corretta del messaggio della preghiera, mantenendo fede allo spirito originale del testo ma con una formulazione che fosse più chiara e comprensibile per i fedeli di oggi.

di Paolo Morocutti – Sir

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