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Gli scavi archeologici di Pithekoussai

Nei giorni 20-23-24 settembre 2024, gli scavi archeologici di Pithekoussai, in particolare il quartiere artigianale di Mazzola a Lacco Ameno, sono stati riaperti al pubblico dopo cinquant’anni di chiusura. Gruppi di visitatori, guidati dallo staff di archeologi lì al lavoro, partivano da Villa Arbusto a orari regolari per il Quartiere metallurgico sulla collina che, proprio in questi giorni, è oggetto di scavi e di ritrovamenti.

Lo scavo è condotto in collaborazione tra l’Università di Napoli L’Orientale e la Sopraintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli. Dirige lo scavo per conto de L’Orientale il prof. Matteo D’Acunto, che ci ha illustrato come era composto il sito.

La parte messa in luce è stata scavata più di cinquant’anni fa, tra il 1969 e il 1972 da un giovane archeologo americano Joffrey Klein che collaborava con il padre dell’archeologia pithekusana Giorgio Buchner.

Il sito occupa una posizione centrale non solo per l’archeologia della Magna Grecia e della Grecia stessa, ma in generale del mondo occidentale perché stiamo parlando, con Pithekoussai, della più antica fondazione greca d’Occidente e che precede di pochi anni la fondazione di Cuma.

Pithekoussai e Cuma si trovano proprio l’una di fronte all’altra e sono due fenomeni storici strettamente correlati perché i protagonisti sono gli stessi: i coloni provenienti dall’Isola di Eubea, isola che si sviluppa lungo la costa dell’Attica.

Gli euboici sono un po’ i fenici del mondo greco e con i fenici condividono le rotte e gli interessi, tra cui l’approvvigionamento e la lavorazione dei metalli. L’occupazione del sito avviene già nella media età del bronzo, quindi nella metà del secondo millennio a.C., e poi nel periodo di massima espansione di Pithekoussai tra il 750 e il 670 a.C., ma anche in età ellenistica fino ad arrivare al periodo romano.

Con le indagini archeologiche partite il 2 settembre e ancora in corso sul campo, è stato possibile ammirare di persona cosa è stato scoperto in queste settimane, conoscere come si svolge lo scavo stratigrafico e come vengono documentate le evidenze portate alla luce, scoprire quali strutture sono emerse e quali passi in avanti sono stati fatti nella conoscenza dell’insediamento euboico di Pithekoussai e dei villaggi indigeni preesistenti. Alla visita degli scavi è poi seguita una breve fase di osservazione dei reperti ceramici rinvenuti a Mazzola ed esposti eccezionalmente nell’area di studio a Villa Arbusto, sede del Museo archeologico di Pithecusae.

di Angela Di Scala

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