Un breve commento post settimana sociale merita la sorte della mega tovaglia stesa dai ragazzi delle scuole superiori della nostra città l’11 aprile in piazza Unità e poi riarrotolata e posta in curia vescovile. Dal 3 al 7 luglio è stata stesa sulla ringhiera del GCC in porto vecchio. Davanti le sono passati Mattarella, le forze dell’ordine, i volontari ed i funzionari della CEI, i cardinali, i vescovi e i mille delegati provenienti da tutt’ Italia. L’ha soprattutto osservata papa Francesco, transitandole davanti in carrozzina appena sbarcato dall’elicottero, con il vescovo Enrico vicino che gliela illustrava.
Il 7 sera era già smontata ed insacchettata in una settantina di pezzi che hanno viaggiato in tutt’Italia. Sono infatti più di 65 le diocesi che hanno richiesto una pezza della tovaglia dei nostri ragazzi perché quest’oggetto umile, modesto, colorato e rabberciato ha molto colpito l’immaginario di tutti e soprattutto si è prestato a letture semantiche diverse, carico com’era di significati simbolici e gestuali declinabili su più stratificazioni interpretative.
Non solo la traduzione sociale quindi (impegniamoci assieme per gli altri), o quella didattica (impariamo a lavorare in gruppo, a mettere del nostro ed a esprimerci), o caritativa (diamo da mangiare a chi non ne ha) o liturgica (il sacrificio che ricorda la tovaglia dell’ altare) o storica (dalla mia pezza che ha una storia a tante pezze che raccolgono tante storie che diventano la nostra storia) o politica (nella piazza, nell’agorà di Trieste, un gesto che esprime come intendiamo la nostra cittadinanza) o metodologica (partire dall’ascolto della mia motivazione a partecipare per ascoltare il perché gli altri si mettono in gioco) o ecologica (non stoffa nuova, di pregio, intonsa) o filosofica (il senso della vita è cucire assieme i tasselli delle nostre biografie) ma anche profetica, che porta al problema serio di tutti i grandi eventi ossia nel nostro caso il post settimana sociale.
Che ne è stato della tovaglia? Che fine fanno i sogni? C’è una storia di quotidianità dove i megaeventi possono incarnarsi ed avverarsi? C’è un processo capace di portare a realizzazione le nostre emozioni e fatiche di luglio?
L’abbiamo spezzata allora questa tovaglia e condivisa, come si fa con il pane a tavola o durante l’eucaristia perché la partecipazione non può essere trattenuta o privatizzata o ancora congelata o sclerotizzata.
È stata spedita in 70 parti del nostro paese con un libretto che racconta la sua storia ma soprattutto con un biglietto d’accompagnamento che augura che al singolo pezzo si attacchino tanti altri, che il metro e mezzo recapitato diventi centinaia di metri di tovaglia formata da migliaia di pezzette usate colorate, pensate, scritte, ricamate, meditate, con nuove storie di partecipazione e solidarietà, attorno alle quali tanti possano sedersi e condividere un grande sogno di moltiplicazione dei pani e dei pesci a cui nessun cristiano può sottrarsi.
Un augurio, quello che parte da Trieste, di tempi lenti di cucitura sociale, di coraggiose scelte che non si arrendano alla monocromia dei fili d’ imbastitura o alla omogeneità dei tessuti ma che osino mettere assieme le diverse situazioni, consapevoli delle difficoltà, delle tensioni, delle imprevedibilità del lavoro da svolgere. Che queste pezze diano anche alle vostre comunità lo stesso lancio che hanno regalato a Trieste.
Una tovaglia per il nostro paese quindi con la disponibilità sempre, da parte dei cristiani che attorno ad essa si accomodano, di spostarsi un pochino, appena con la coda dell’occhio scorgono qualcuno che sbircia e tentenna, magari anticipando la sua richiesta con un invito ad accomodarsi.
di Annamaria Rondini – il Domenicale di San Giusto