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Il dovere della solidarietà

La democrazia sostanziale chiede il gioco di squadra. Mancano i mediatori di pace che costruiscono i ponti.

Ho pensato di condividere due-tre riflessioni che gli eventi degli ultimi mesi hanno fatto nascere in me.

1. In questi mesi, in diverse occasioni (dalle Olimpiadi agli scandali politici), abbiamo potuto toccare con mano come i social abbiano preso il sopravvento sulla nostra vita, influenzando le nostre opinioni, le nostre convinzioni, persino le nostre decisioni, creando tempeste dal niente e sul niente. E mi spaventa sempre più il loro uso per fare male, per colpire, persino per distruggere la reputazione delle persone, instillando dubbi e sospetti, magari con quelle che oggi si chiamano fake news e che ieri si chiamavano calunnie. Diverse volte abbiamo affrontato l’argomento, ma mi sembra che la situazione, invece di migliorare, tenda a peggiorare sempre più. Dovremmo forse prendere in considerazione una disintossicazione seria dal veleno del web e dei social, fermarci per fermare l’invadenza e l’impatto negativo che genera conflitti continui.

2. A proposito: ripensando ai conflitti in varie parti del mondo, mi sono chiesto dove siano oggi i profeti di pace di cui c’è tanto bisogno. Dove sono ad esempio i movimenti per la pace e le loro bandiere arcobaleno? Dove sono i grandi mediatori internazionali alla Dag Hammarskjöld, morto proprio mentre si stava operando per far cessare il conflitto in Congo? O alla Giorgio La Pira, che elaborò, in una serie di lunghi viaggi tra Hanoi e Washington, una proposta di pace per far cessare la guerra in Vietnam? Anche se i loro sforzi in un primo momento sono sembrati vani, il loro esempio e la loro volontà di pace hanno spinto perché alla fine questa si imponesse. Oggi, purtroppo, sembra quasi che a nessuno importi sul serio della pace (nemmeno all’NU, che a questo punto forse sarebbe meglio abolire). Domandiamoci chi oggi sta creando ponti, costruendo occasioni di incontro, cercando possibilità di dialogo… Ecco, a me colpisce il clima quasi da “tifo” calcistico, dimenticando che ci vuole il coraggio del negoziato e, se necessario, della bandiera bianca, come ha ricordato Papa Francesco per la guerra in Ucraina. Ma questo coraggio dev’essere di tutti, e da tutti dev’essere sostenuto.

3. A giugno è stata approvata la legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, e subito dopo è partita la raccolta di firme per il referendum abrogativo. Molte polemiche ha suscitato la scelta di qualche parroco di raccogliere le firme in parrocchia (anche a Napoli), e la decisa presa di posizione della CEI, che ha bocciato senza se e senza ma il nuovo ordinamento. Come ha ricordato monsignor Savino, vicepresidente della CEI, questo nuovo modo di articolare lo Stato rischia di essere «un cavallo di Troia per creare due Italie: una prospera, l’altra abbandonata a se stessa», sicché alla fine «non solo avremo tante Italie quante le Regioni, ma si rischia pure un Far West tra quelle povere». La preoccupazione è dunque la mancanza di solidarietà tra le diverse parti dell’Italia. Apriti cielo!

C’è addirittura chi ha accusato la Chiesa di essere succube della sinistra, e un giornale ha titolato a tutta pagina: Santa Compagna Chiesa. Il problema è che si legge poco, e si dimentica presto. In un documento della CEI del 2010, intitolato “Per un Paese solidale. La Chiesa Italiana e il Mezzogiorno”, leggo ad esempio: «La prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale, se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un “gioco di squadra”. Un tale federalismo, solidale, realistico e unitario, rafforzerebbe l’unità del Paese…, secondo la sempre valida visione regionalistica di don Luigi Sturzo e di Aldo Moro». Il No, dunque, non è per l’autonomia e il federalismo in sé, ma per la mancanza di solidarietà e il modo in cui è stata pensata questa riforma, che va tutta a vantaggio delle zone ricche del Paese. Combatterla in modo “consapevole, mite e pacifico” è perciò non solo un diritto della Chiesa italiana, ma un suo vero e proprio dovere.

di Pino Natale

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