È famosissima l’espressione napoletana che utilizziamo quando vogliamo minimizzare tutto. Mi ricordo che in una commedia del grande Eduardo, “Natale in casa Cupiello”, il protagonista diceva proprio così: “Cuncè, a forz e dicere è cos e nient, simm addiventate doie cose e niente”. Come noi italiani oggi. Siamo numeri, trattati come pezze da piedi da chi dovrebbe pensare al nostro benessere. Quante storie! Ma col Covid, più di quello che si è fatto non si poteva fare. Infatti. Peggio di così, forse solo l’Apocalisse. Non è stato e non è facile per nessuno prendere decisioni per un Paese ridotto male come il nostro, ancora nella morsa della pandemia, nonostante la buona volontà di pochi e la voglia di primeggiare di altri. I soliti scontenti, i “bambini” capricciosi che hanno scambiato le stanze del potere per un grande videogioco, una realtà virtuale dove ci si può permettere di tutto. Solo che la realtà che stiamo vivendo non è virtuale e tutte le disposizioni prese nella “stanza dei bottoni” hanno ricadute pesantissime su tutti i cittadini. Io mi chiedo ancora una volta che senso ha la politica se le divisioni e le prese di posizione di alcuni, da due anni a questa parte, sono all’ordine del giorno. Guardo con ammirazione alla Germania, ad Angela Merkel che è lì da 16 anni e mai che a qualche collega è venuto in mente di scalzarla dal suo posto, perché ci sa fare, perché quando si governa lo si fa in nome del popolo e per il suo bene. E lei lo fa evidentemente. I governi e i premier in Italia, invece, non hanno vita lunga, anzi…All’indomani delle ultime votazioni, dopo una gestazione lunghissima è nata una dubbia alleanza giallo-verde. Poi gli screzi tra i partiti, le prese di posizione del leader della lega che sembrava voler dirigere tutto lui, provocato la prima crisi. Come se non bastassero i guai provocati dalla gestione leghista della regione Lombardia che, dissociatasi dalla “obsoleta” Sanità nazionale, ha varato una legge che ha dimezzato i servizi sanitari ai cittadini, col bel risultato che è sotto gli occhi di tutti: incapacità di monitorare il territorio e di assistere adeguatamente i numerosi malati di Covid. Hanno semplificato il sistema certo, sulla pelle degli ammalati, perché co l’apparato escogitato che coinvolge pubblico e privato, riesce a curarsi solo chi economicamente può. Salvo poi essere colti da un’epidemia in piena regola che colpisce tutti, ricchi e poveri e uccide allo stesso modo, ma più facilmente chi non accesso immediato alle cure: i più deboli, i meno abbienti, quelli che non contano nulla. E nella nostra regione, la Campania felix? Di felice, pare che ci sia rimasto soltanto il nome. Altro show quotidiano con protagonisti gli agguerritissimi De Luca e De Magistris che evidentemente non fanno altro che criticarsi in pubblico e sui social con toni velenosi. E i Napoletani che potranno mai dire? “È cos’ e nient”, con la loro filosofica, atavica saggezza. Ci resta solo quella, e una grandissima rassegnazione, e per dirla sempre con un’altra battuta Eduardo continuiamo a ripetere “Adda passà a nuttat”. Tanto gli abitanti del Sud sono abituati a subire. Scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel romanzo “Il Gattopardo”: “Noi siciliani siamo avvezzi da una lunga, lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si scampava dagli esattori bizantini, dagli emiri berberi, dai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così. ……Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori………noi siamo dei bianchi come lei e come la regina di Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia.” Sono una disfattista? No, ma a volte è difficile non sentirsi perduti e abbandonati da questo sistema perverso, ed è questo lo stato d’animo di tanti cittadini per bene che stanchi “dei teatrini politici” hanno deciso di non andare a votare mai più, o, peggio, di approdare a posizioni qualunquiste o estremiste. Come credere ancora a chi con una capacità istrionesca da fare accapponare la pelle ha tenuto in scacco il governo con le sue pretese fino a farlo cadere? E dopo tutto quello che ha fatto si sente pure parte lesa, perché tutti hanno riversato su di lui fiumi di fango. E che si aspettava l’illuso? Un tappeto rosso? “E ma è cos e nient”. Povero Renzi, ma po’ ch’ha fatt stu guaglion? Che ha fatto? Troppe chiacchiere, tanti slogan, ma poca sostanza. Per esempio ha abolito l’articolo 18 per (contro) i lavoratori, ha introdotto il job act, cioè l’allungamento del precariato a vita. E, ciliegina sulla torta, ha varato la riforma “Buona scuola” io direi meglio “Buona sola”. Con la famigerata alternanza scuola-lavoro che nulla aggiunge da un punto di vista formativo e che tanto si avvicina alla perdita di tempo (quando non al vero e proprio lavoro travestito da tirocinio) Ha salvato le banche con la modica spesa di 31 miliardi, ma nessuno ha risarcito le migliaia di cittadini rovinati. Il buon Renzi aveva addirittura promesso: se non vinco il referendum lascio non solo il governo ma anche la politica. Com’è andata è risaputo: ha sì lasciato il governo, ma non la politica. Tanto che oggi assistiamo a un nuovo incredibile teatrino. E la destra esulta, certa della vittoria se si andrà a votare. Ma non è così e dopo la compattezza iniziale si lacera e finisce male pure l’affiatatissimo tandem Salvini – Meloni. In Italia non c’è verso che le cose funzionino Tanti slogan, dunque. E pochissimi fatti. E quelli che ci sono, sono pure dannosi.