Quando sorridiamo adoperiamo dodici muscoli: due per sollevare i lati della bocca, due per sollevare il labbro superiore, due per muovere gli occhi, due per portare indietro le labbra e due per portare su gli zigomi.
Se il sorriso è spontaneo, perché magari vediamo qualcosa che ci piace, come per esempio il sorriso di chi ci sta di fronte, neanche ci accorgiamo dello sforzo che impegna tutta la nostra faccia.
Imparare a sorridere è più difficile: è un allenamento quotidiano, è la preparazione atletica di ben dodici muscoli perché essi siano sempre pronti, anche quando chi ci sta di fronte non sorride affatto.
Se sorridere fosse una disciplina sportiva, Simeone sarebbe un campione, sarebbe un fuoriclasse, perché non solo ha imparato a sorridere, ma ha soprattutto insegnato a farlo, sempre. Senza salire in cattedra, ma con la leggerezza e la discrezione di chi nasconde lo sforzo, di chi nasconde l’impegno di giorni e giorni di faticoso allenamento.
Si dice che il riso fa buon sangue, ed è forse vero, ma c’è da aggiungere che donare il sangue moltiplica i sorrisi. Ed è per questo che il sorriso di Simeone non si è spento, né potrà spegnersi mai.
Salvatore Ronga