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Una linea di demarcazione netta incontrovertibile e incancellabile è quella tra il 13 e il 15 febbraio, quella che separa, divide, aliena in maniera ostentata gli accoppiati dai single.
La demarcazione non è solo palesemente sociale, ma proprio istituzionalmente sociologica.
I dati di realtà: vetrine appariscenti con tanto di frasi stucchevoli e consigli (per gli acquisti) che tuonano più come ammonizioni “sorprendila”, “stupiscilo”, “falle sentire che è importante”, “non deluderlo”. A metà mese, cade giusto al centro, a una eternità prima del prossimo stipendio, un battito di ciglia da quando è stato appena percepito e si è smaterializzato, la situazione è tragica e commovente, drammatica e patetica, ma anche ironica e divertente.
Tra gli accoppiati c’è chi lo festeggia con cuori, palloncini e stereotipi vari, ma anche chi con un tocco di classe, che fa tanto chic e non impegna, decide di ergersi su uno scalino più in alto del globalmente convenzional-corretto: “noi non siamo per queste cose, per noi è amore tutto l’anno, siamo contro la commercializzazione dei sentimenti”, salvo poi a casa gli spaghetti aglio, olio e peperoncino (che è pure afrodisiaco e a quel paese la gastrite) vengono serviti casualmente in un piatto a forma di cuore, il Tavernello è del tutto fortuitamente rimpiazzato da un millesimato doc e distrattamente le candele piccole, profumate di sandalo e vaniglia e riposte alla Befana, tornano a fare il loro ingresso per altro tipo di atmosfera e i profumi nell’aria, gli sguardi ammiccanti, le intese o varie altre amenità, fanno da contorno. Che non si dica che si spende una fortuna per un posto al ristorante più in voga perché noi siamo assolutamente contro queste cose. E a proposito ti ho preso una cosuccia, l’ho messa lì guarda non c’entra assolutamente nulla con questa stupida festa commerciale, l’ho vista ho pensato a te e mi è piaciuta. Così tranquillizziamo la nostra coscienza convenzionale e ci assolviamo dai giudizi degli anti stereotipali.
Poi ci sono i single, anche loro divisibili in nostalgici addolorati e depressi, e catastrofici anticonsumisti dissacranti del vero, del bello, dell’autentico business. I primi passano il tempo a struggersi ricordando i “sanvalentini” precedenti, quando erano felici per aver fatto questa o quella cosa con questo o quel fidanzato, i secondi risentono del fatto che guarda caso quella sera, tutti sono indisponibili, guarda caso gli accoppiati, guarda caso disertano anche quelli irriducibili, che mai avrebbero mollato, dal calcetto con birretta finale alla partita a playstation online.
Nel tempo la declinazione della festa degli innamorati è cambiata, c’è stata una conversione di tendenza, frutto sintomatico di adattamento all’ambiente circostante, tra input commerciali e pubblicità di massa ne è uscito fuori che quel giorno lì si festeggia l’amore universale in tutte le salse, genitoriale, filiale, di cuginanza, amicale, per sé stessi e per gli animali domestici. Un regalo bisogna farlo a prescindere, un pensiero stucchevole su un bigliettino “cuoricinoso” occorre scriverlo e pure di pugno, giammai al pc, e possibilmente in quel giorno occorre che tutti siano dotati di un certo languore, che non si dica che san valentino è passato cogliendoci impreparati su tutti i fronti. Salvo poi fare le medesime cose, come ogni anno, con gli stessi rituali e dire, a fine giornata, “l’amore si dovrebbe celebrare tutto l’anno e non solo a san valentino”. Domani è un altro giorno e si vedrà. Avremo altri 365 giorni di tempo per affilare meglio le armi del nostro romanticismo inguaribile. Nel senso di “senza cura”.
Insomma chi più chi meno, tutti alla fine capitoliamo in questa bolgia smielata da coma diabetico, tutti più o meno tuffandoci a pesce con doppio salto mortale all’indietro o appena appena bagnandoci l’unghia dell’alluce e decidendo che l’acqua è decisamente troppo fredda, o troppo calda o troppo bagnata. Anche i negazionisti scendono a patto con gli abitanti del pianeta terra, realizzando che san valentino esiste e bisogna farsene una ragione, avversa o a favore, ma occorre in qualche modo reagire a questa data che sul calendario non è nemmeno segnata in rosso.
In questi mesi di vuoto dentro e fuori, in tanti si sono chiesti se fosse proprio il caso di riempire tutti i vuoti ad ogni costo e forse qualcuno ha deciso che tutto sommato il distanziamento dal superfluo ha creato più intimità con le poche cose che contano.
E pensare che il Santo in questione era uno cui hanno tagliato la testa, pensa se fosse stato un santo dai miracoli facili: le chiese si sarebbero affollate di richieste di grazie di gente accoppiata.
Quale che sia l’occasione o il moto dell’anima, i commercianti ringraziano, si associano parrucchieri, estetiste, manicuriste, pasticceri e gioiellieri. Tutti insomma ringraziano tranne il povero santo decapitato, a cui sembra di sentire dire “non avete mai capito un tubo (quello dei baci perugina ci si avvicina come concetto) e non lo capirete mai”
Ora, a meno che papa Francesco non si inventi qualcosa, e dovrà farlo pure alla svelta perché manca poco, mi sa che anche questo San Valentino arriverà. Basta non farsi trovare in casa oppure non rispondere al citofono quando arriva, se poi se ne andrà, come ogni anno accade, che qualcuno gli lasci i saluti da parte di quella categoria a cui non gliene importa quasi niente.
Per inciso, l’anagramma di San Valentino è “salvate (i) nonni”, una ragione dovrà pur esserci, magari chiediamolo a loro come festeggiavano San Valentino!

“Il carrozzone va avanti da sé,
con le regine, i suoi fanti, i suoi re
Ridi buffone, per scaramanzia,
così la morte va via” – Renato Zero

Nota della redazione: nessun single, di qualunque sesso ed età è stato sottoposto a maltrattamenti in via sperimentale per la redazione di questo articolo. Quindi Cupido, riponi pure la freccia nel fodero e vai farti una birretta con gli altri puttini.

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