Un caloroso saluto a tutti voi, cari bambini! Rieccoci insieme qui, sul “Kaire dei Piccoli”.
Secondo la liturgia della Chiesa (l’insieme dei riti e delle formule di una religione), siamo ancora in tempo pasquale, un tempo gioioso perché Gesù è risorto! Ed è anche un tempo che va proprio a braccetto con la primavera, anche lei gioiosa, fatta di aria fresca, tanti colori e giochi all’aperto.
Andiamo a scoprire, allora, cosa ci propone il Vangelo di Domenica 2 maggio: l’Evangelista Giovanni riporta un discorso di Gesù che dice: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore… Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Sappiamo cos’è una vite, perché qui a Ischia ne vediamo tantissime: la vite è la pianta dell’uva, i suoi rami sono chiamati tralci e da essi nascono i frutti che sono i grappoli d’uva. La vite è sostenuta da un tronco, detto ceppo, che affonda le radici nel terreno e porta nutrimento alla pianta. Gesù dice di sé stesso che Lui è come la vite e che i discepoli, e noi, siamo come i tralci. Perché fa questo paragone? Intanto ricordiamoci che la gente dell’epoca era molto semplice e che non sempre capiva i discorsi di Gesù.
Così, Lui, per venire in aiuto, usava sempre paragoni con le cose che erano familiari a tutti, come l’agricoltura. La gente del tempo, infatti, sapeva che la vite è una pianta molto particolare, che va ben curata affinché possa fare uva buona.
Gesù sfrutta questa conoscenza per far capire che, come i tralci non possono vivere senza la vite, e non possono produrre uva, così anche noi non possiamo fare nulla senza di Lui, che è il fondamento della nostra vita. E nel dirlo, Gesù, chiede più volte di fare una cosa: “rimanere in Lui”. Cosa intende? Che dobbiamo stare con Lui? E poi? Che facciamo?
In realtà rimanere ha un significato più grande: non vuole dire stare con Gesù senza fare nulla, ma essergli vicino in maniera attiva! Fare la nostra parte, come Lui fa la sua. Infatti, come i tralci hanno bisogno della vite per fare frutto, così la vite ha bisogno dei tralci affinché i frutti germoglino. Questo perché i frutti nascono solo su di loro. Quindi il Signore ha bisogno di noi come noi di Lui.
Questo rapporto reciproco rappresenta lo scambio d’amore tra noi e Dio che porta il vero frutto! Senza questo noi non possiamo fare nulla, ma nemmeno Dio può se non glielo permettiamo. Ma quale è il vero frutto di cui si parla? E’ diventare discepoli di Gesù e dare gloria a Dio con la nostra vita e con la nostra evangelizzazione. Evangelizzazione? Sì!
Significa far conoscere Dio agli altri attraverso le nostre parole, ma ancora di più, attraverso la nostra vita che, se è vissuta come ci dice Gesù, può davvero diventare l’esempio più bello per mostrare agli altri la bellezza di essere cristiani! Quando si raggiunge questo, cari bambini, si è davvero cuore a cuore col Signore, tanto che Lui stesso ci promette che ogni cosa che verrà chiesta sarà esaudita, consapevole che arrivati a quel punto ciò che chiederemo non sarà più un qualcosa solo per noi, ma per tutti!
Perché quando si impara ad avere nel cuore Gesù, si impara ad avere nel cuore ogni uomo, ogni fratello, e tutto quello che si fa lo si fa ispirati da Dio, che è in noi, e che agisce con noi per il bene comune!
Primo maggio: San Giuseppe Lavoratore
Cari bambini, il 1° maggio la Chiesa ricorda San Giuseppe lavoratore, il papà di Gesù. Ma sapete perché è un giorno festivo, in cui non si va a scuola, né a lavorare? Perché è la festa dedicata a tutti i lavoratori di tutti i mestieri. In passato, alcuni lavoratori si sono impegnati moltissimo affinché i loro diritti venissero rispettati, da quel giorno il 1° maggio si ricorda proprio questo e la Chiesa, in memoria di ciò, ricorda San Giuseppe che è stato un gran lavoratore e uomo giusto. Le persone ogni giorno vanno a lavorare e fanno il proprio dovere, per guadagnarsi da vivere e per aiutare gli altri. Proprio come faceva San Giuseppe, che per questo motivo è diventato il patrono dei lavoratori (in particolare dei falegnami e carpentieri), oltre che dei papà (19 marzo). Nel Vangelo, Gesù è chiamato “il figlio del carpentiere”. Papa Francesco, nel 2013, scriveva così: “Gesù nasce e vive in una famiglia, nella Santa Famiglia, imparando da San Giuseppe il mestiere del falegname, nella bottega di Nazareth, condividendo con lui l’impegno, la fatica, la soddisfazione e anche le difficoltà di ogni giorno. Questo ci fa pensare all’importanza del lavoro. Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e, in questo modo, partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro, perciò, ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora. Il lavoro dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita del proprio Paese in cui si vive, nonostante le difficoltà. Anche San Giuseppe ha avuto momenti difficili, ma non ha mai perso la fiducia e ha saputo superarli nella certezza che Dio non ci abbandona mai.”.
Il Papa ha poi aggiunto un pensiero speciale per tutti i bambini e ragazzi che ancora non lavorano, ma che studiano, dicendo che il loro lavoro è proprio a scuola e a casa: “E poi vorrei rivolgermi in particolare a voi bambini e ragazzi: impegnatevi nel vostro dovere quotidiano, nello studio, nei lavori di casa, nei rapporti di amicizia, nell’aiuto verso gli altri. Non abbiate paura dell’impegno, del sacrificio e della fatica”. Grazie Papa Francesco che ci ricordi che in ogni situazione siamo chiamati a lavorare e a farlo bene, cioè a fare il nostro dovere e a dare una mano a chiunque incontriamo e ne ha bisogno! L’unione fa la forza e insieme è più bello! Buona festa dei lavoratori, buona festa di San Giuseppe e buon onomastico a chi porta il nome di questo grande Santo!
Rubrica a cura di Oriana Danieli e Kiara Gambaro