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Ogni assenza è il segno di una grande presenza

Commento al Vangelo Mc 16,15-20

Che cosa celebriamo in questa domenica? La festa dell’Ascensione porta con sé sempre un velo di tristezza. La missione terrena di Gesù termina, finisce quel lungo pellegrinare di Dio sulla terra alla ricerca dell’uomo; finisce il suo passaggio terreno ma non la sua missione.

C’è sempre un’espressione che ho usato soprattutto da quando è iniziato il tempo della pandemia: Dio ci tratta da adulti. L’essere adulti è una condizione che nasce soprattutto nel momento in cui la scomparsa di una cosa, una persona realmente visibile viene interiorizzata.

L’educazione che Dio usa con ciascuno di noi è un’educazione che passa attraverso una partenza. L’esperienza dell’adulto è passare da una presenza all’assenza e dall’assenza ad una ardente presenza. Proviamo a pensare ad un bambino che da piccolo comincia a portare la bicicletta.

È chiaro che si inizia ad utilizzare una bicicletta con le rotelle. Man mano che il bimbo usa la bicicletta a rotelle, arrivato ad un certo punto della sua crescita dovrà far scomparire le rotelle per poter portare una bici da adulto. Cosa significa questo? Significa un fatto molto importante: le rotelle non ci sono più non solo perché non sono più necessarie, ma perché esse ormai vivono dentro di quel bimbo/adulto che sente dentro di sé quella esperienza e per questo non ha più bisogno della presenza fisica delle rotelle.

Un bimbo che deve iniziare a camminare, inizialmente si sente forte delle mani della madre o del padre, ma ad un certo punto per sprigionare il potenziale che è sepolto dentro di lui, il padre e la madre lo lasciano. All’inizio sembra un trauma, ma poi ecco la novità.

Ecco l’educazione di Dio che usa nei confronti dei discepoli e quindi anche in ciascuno di noi. L’educazione di Dio passa attraverso una partenza che ci rende adulti. Così, se fino a quell’istante i discepoli hanno potuto contare sulla presenza concreta, reale, dell’uomo Gesù accanto a loro, la partenza di questo uomo crocifisso e risorto, non sarà più un punto di appoggio “accanto” a loro cioè nelle circostanze intorno a loro, nei loro cenacoli chiusi, in quello che stanno vivendo; non troveranno un aiuto “di fianco”, in maniera orizzontale, ma troveranno un aiuto “interiore” cioè una forza e una compagnia che viene dal di dentro della loro umanità e non accanto alla loro umanità. Ecco perché la festa dell’Ascensione non è una festa banale perché la partenza di Gesù prepara l’arrivo di qualcun altro, cioè l’arrivo di una presenza diversa dentro di noi.

Questo è importante perché per far emergere da noi le cose più belle che possediamo, la nostra parte migliore, le potenzialità che ci portiamo dentro, è necessario che chi è stato accanto a noi fino ad oggi faccia un passo indietro. In questo modo è possibile far emergere con tutta la propria storia la propria diversità, e in questo modo cominciare a diventare protagonista della propria vita.

Gesù aveva detto a questi discepoli che avrebbero fatto cose più grandi di lui. Egli si pone dentro di loro perché ciascuno di loro faccia emergere il compimento di questa parola. Se noi amiamo gli altri senza aiutare che gli altri diventino protagonisti della loro vita, forse non li stiamo amando davvero.

Gesù invece ci ama così, ci aiuta fino a un certo punto e poi ci domanda di fare noi un passo in avanti, cioè di diventare protagonisti. E che cos’è che ci aiuta a diventare protagonisti? Lo Spirito Santo, che è la sua presenza, è la presenza di Dio nei discepoli, non di fianco ma dentro i discepoli.

Questa presenza non lede e non condiziona la nostra libertà. È una forza che viene dentro ciascuno di noi e ci riveste di una potenza che sì viene dall’alto, ma che passa attraverso la nostra umanità. Per questo l’Ascensione che, forse, è la festa di un’assenza, in realtà è il passo indietro di qualcuno che ci ama, un passo indietro necessario perché la Pentecoste possa davvero accadere dentro la nostra vita. Il cielo si fida di noi, si fida di te e lascia a te il compito di far crescere tutto! Fin quando vivremo da bambini la nostra fede, ciò sarà difficile che accada. Dio ci tratta e ci vuole adulti!

Quando la tua vita è presa sul serio, quando, come ci siamo detti la scorsa settimana, è presa dall’amore, la tua vita sarà piena di segni. I segni che accompagnano la missione sono segni di liberazione, di comunicazioni riprese, di affronto di situazioni difficili, di esperienze di guarigione.

A noi non viene affidato il potere di guarigioni come quello di Gesù (anche se è successo tantissime volte), ma a noi è consegnato il potere di contrapporsi al male, di farsi capire, di creare comunione e di aver cura. I nostri sì e i nostri no saranno le parole chiave che faranno accadere questi segni.

Questi sono i segni di una vita adulta, una vita bella. Ovunque venga annunciato il Vangelo, il mondo non rimane mai uguale perché la liberazione che il Signore porta nel cuore delle persone si diffonde anche su tutto il resto. L’annuncio di un Vangelo che lascia tutto com’è non è annuncio.

A questo proposito dovremmo domandarci se lì dove noi siamo le cose stanno cambiando. E questo a partire banalmente dalla bellezza dei luoghi, dalla cura delle strutture, dalla vicinanza alla gente, dal desiderio di una politica diversa, dalla nascita di esperienze di prossimità e così via.

Buona domenica!

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