Commento al Vangelo Mc 14,12-16.22-26
Lo Spirito oltre al mistero della Trinità ci ha fatto dono di una seconda grande verità: quando Gesù ci ha detto “io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”, questo si è reso ancora più chiaro e visibile nel mistero dell’Eucarestia.
Lo Spirito Santo da Pentecoste in poi, ci ha fatto comprendere che la presenza dentro quel pane eucaristico non è immaginaria, simbolica, ma reale, concreta e vera. È questa la festa che celebriamo in questa domenica: una Messa per capire la Messa. Le letture di questa domenica oltre alla stupenda sequenza che la Chiesa ci dona (ci basterebbe meditare quella oggi), sono stupende. Del vangelo voglio sottolineare alcune espressioni.
Ritorna prima di tutto quella bellissima domanda che abbiamo ascoltato nella domenica delle palme: “Dove vuoi che andiamo a preparare”. Nella mente degli apostoli è solo una domanda organizzativa; per loro si trattava di individuare un luogo, la location, come hanno fatto gli altri anni, con disposizioni concrete. Si trattava di organizzare tutto al meglio, tutto doveva stare al suo posto: le scenografie pronte, l’effetto fuoco d’artificio, l’effetto lacrima. Per Gesù no, sarebbe stata la sua ultima Pasqua e sapeva bene quello che stava per fare.
Quel luogo ci viene indicato da un piccolo segnale: Gesù per individuare il luogo dove lui vuole sedersi e mangiare la Pasqua, chiede agli apostoli di seguire un uomo che ha una brocca d’acqua. Quella brocca rappresenta per noi la realtà, la nostra sete, rappresenta ognuno di noi che cerca la propria sete, il proprio bisogno di senso, la sete della propria felicità.
Dove ti sta portando la tua sete? Prendi sul serio la sete che porti dentro? Stai prendendo sul serio quel bisogno di felicità, di senso che hai nel cuore? O fai finta di non sentirlo, di non vederlo? Gesù dice segui quell’uomo, segui questa sete. C’è un cielo stellato dentro di te, pieno di desideri, pieno di percorsi, caccie al tesoro. Ognuno di essi ti condurrà ad una stanza. In ogni stanza c’è tutto quello che ti occorre per essere felice. Dio ha bisogno di quella stanza: lo devi portare per mano in quella stanza e gliela devi aprire e donare: quella stanza è la mia vita donata. Lì il Signore vuole sedersi.
Oggi Gesù ti fa questa domanda: “Dov’è la mia stanza dove io posso mangiare con te la Pasqua, il tuo passaggio alla felicità? Mi viene da dire: “Ecco qui la mia stanza Signore, se ti accontenti, se ti va bene è a tua disposizione; è la stanza della mia interiorità, incasinata, complessa, tu la conosci bene ed è qui a tua disposizione perché tu vi possa celebrare l’eucarestia”. L’Eucarestia è la risposta alla tua fame, alla tua sete di felicità. Gesù sa che nutrirci, mangiare è un bisogno essenziale e rappresenta la fame che abbiamo dentro. Abbiamo fame di relazione, abbiamo fame di affetti, abbiamo fame di abbracci, abbiamo fame di parola, di felicità, abbiamo tanta fame e Gesù si fa cibo, si fa bevanda, ci nutre nel nostro percorso interiore! Ciascuno di noi diventerà quello che mangia! Un bambino che a casa sente parole di odio, pettegolezzi, maldicenze diventerà così! Noi diventeremo quello che mangiamo! Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più.
Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio altri con la politica. I giovani si nutrono ad altri cibi come il sesso, il piacere, la droga, si nutrono alle slot machine, hanno fame di relazioni sbagliate come le convivenze, consumano il sesso come un integratore alimentare. Tutto pane che non ci rende felici!
Gesù sa che nella vita nostra ci sono tanti desideri da sfamare ma lui sa anche quelli che sono giusti. Gesù sa che ci sono due tipi di desideri più importanti: il primo è quello di superare i propri limiti e il secondo è quello di realizzare la propria felicità. Gesù fa due gesti: prende il pane, prende il vino e chiede di mangiarli perché essi sono lui. Gesù chiede ai suoi di mangiare la sua carne, di bere il suo sangue.
Per la Bibbia la carne è il segno della debolezza e della fragilità umana. Quel pane riempie le nostre fragilità, quel pane ci dà la forza di non sentirci perduti ma salvati da noi stessi, quel pane riempie i vuoti della nostra vita. Quel pane colma i nostri limiti. Il sangue rappresenta la vita, la vitalità, quel percorso della felicità che molto spesso si arresta, si ferma e poi riparte.
Quel sangue ti dà la forza di ricominciare, di ritrovare vita, di continuare ad essere felice! Ecco che cos’è l’Eucaristia! Gesù ci dice di ripetere quel gesto come noi che abbiamo bisogno di mangiare tutti i giorni; ci dice: “Se volete che io sia qui rifate questo!”. Quella memoria è arrivata fino a qui oggi. Gesù si fa cibo per te. Mangiami e sarò presente in te. Mangiami e spegnerò veramente la tua sete.
Mangiami e troverai forza, mangiami e ti impasterai di cielo. Questa domenica potrebbe essere l’occasione per riflettere su tutto questo. Tutto questo avviene nella notte, in quella notte in cui veniva tradito. Ogni domenica, la consacrazione inizia solennemente con queste parole e mi mette i brividi. Suona possente e tragico, gonfio di emozione e gravido di conseguenze. Nella notte in cui veniva tradito, cioè nel peggior momento della sua vita. Alla fine di un percorso entusiasmante, che ha incendiato i cuori, sconvolto molte vite, irritato più di un benpensante. Sa, Gesù, che il tempo volge al termine.
Il tempo del convincimento, delle parole piene di buon senso, dei sorrisi e dei miracoli, della folla plaudente. È finito, quel tempo. L’incomprensione è alle stelle e tutto sta precipitando. Finendo. O rinascendo. Nella notte in cui veniva tradito. Quando sai che sei alla fine, quando conti le ore, hai voglia di dare tutto, di sistemare le cose, vedere gli amici, parlare, abbracciare. E lui che fa? Inventa l’eucarestia. Quando risuonano queste parole anche a me viene un nodo al cuore: sono davanti a quella cena avendoti tradito e tu cosa fai Gesù? Mi ami ancora? Mi ami di più? L’Eucarestia allora è la realizzazione di quella parola del profeta: “Io li guarirò dalla loro infedeltà amandoli di più, più profondamente!”. Grazie Signore!
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Lo Spirito Santo da Pentecoste in poi, ci ha fatto comprendere che la presenza dentro quel pane eucaristico non è immaginaria, simbolica, ma reale, concreta e vera. È questa la festa che celebriamo in questa domenica: una Messa per capire la Messa. Le letture di questa domenica oltre alla stupenda sequenza che la Chiesa ci dona (ci basterebbe meditare quella oggi), sono stupende. Del vangelo voglio sottolineare alcune espressioni.
Ritorna prima di tutto quella bellissima domanda che abbiamo ascoltato nella domenica delle palme: “Dove vuoi che andiamo a preparare”. Nella mente degli apostoli è solo una domanda organizzativa; per loro si trattava di individuare un luogo, la location, come hanno fatto gli altri anni, con disposizioni concrete. Si trattava di organizzare tutto al meglio, tutto doveva stare al suo posto: le scenografie pronte, l’effetto fuoco d’artificio, l’effetto lacrima. Per Gesù no, sarebbe stata la sua ultima Pasqua e sapeva bene quello che stava per fare.
Quel luogo ci viene indicato da un piccolo segnale: Gesù per individuare il luogo dove lui vuole sedersi e mangiare la Pasqua, chiede agli apostoli di seguire un uomo che ha una brocca d’acqua. Quella brocca rappresenta per noi la realtà, la nostra sete, rappresenta ognuno di noi che cerca la propria sete, il proprio bisogno di senso, la sete della propria felicità.
Dove ti sta portando la tua sete? Prendi sul serio la sete che porti dentro? Stai prendendo sul serio quel bisogno di felicità, di senso che hai nel cuore? O fai finta di non sentirlo, di non vederlo? Gesù dice segui quell’uomo, segui questa sete. C’è un cielo stellato dentro di te, pieno di desideri, pieno di percorsi, caccie al tesoro. Ognuno di essi ti condurrà ad una stanza. In ogni stanza c’è tutto quello che ti occorre per essere felice. Dio ha bisogno di quella stanza: lo devi portare per mano in quella stanza e gliela devi aprire e donare: quella stanza è la mia vita donata. Lì il Signore vuole sedersi.
Oggi Gesù ti fa questa domanda: “Dov’è la mia stanza dove io posso mangiare con te la Pasqua, il tuo passaggio alla felicità? Mi viene da dire: “Ecco qui la mia stanza Signore, se ti accontenti, se ti va bene è a tua disposizione; è la stanza della mia interiorità, incasinata, complessa, tu la conosci bene ed è qui a tua disposizione perché tu vi possa celebrare l’eucarestia”. L’Eucarestia è la risposta alla tua fame, alla tua sete di felicità. Gesù sa che nutrirci, mangiare è un bisogno essenziale e rappresenta la fame che abbiamo dentro. Abbiamo fame di relazione, abbiamo fame di affetti, abbiamo fame di abbracci, abbiamo fame di parola, di felicità, abbiamo tanta fame e Gesù si fa cibo, si fa bevanda, ci nutre nel nostro percorso interiore! Ciascuno di noi diventerà quello che mangia! Un bambino che a casa sente parole di odio, pettegolezzi, maldicenze diventerà così! Noi diventeremo quello che mangiamo! Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più.
Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio altri con la politica. I giovani si nutrono ad altri cibi come il sesso, il piacere, la droga, si nutrono alle slot machine, hanno fame di relazioni sbagliate come le convivenze, consumano il sesso come un integratore alimentare. Tutto pane che non ci rende felici!
Gesù sa che nella vita nostra ci sono tanti desideri da sfamare ma lui sa anche quelli che sono giusti. Gesù sa che ci sono due tipi di desideri più importanti: il primo è quello di superare i propri limiti e il secondo è quello di realizzare la propria felicità. Gesù fa due gesti: prende il pane, prende il vino e chiede di mangiarli perché essi sono lui. Gesù chiede ai suoi di mangiare la sua carne, di bere il suo sangue.
Per la Bibbia la carne è il segno della debolezza e della fragilità umana. Quel pane riempie le nostre fragilità, quel pane ci dà la forza di non sentirci perduti ma salvati da noi stessi, quel pane riempie i vuoti della nostra vita. Quel pane colma i nostri limiti. Il sangue rappresenta la vita, la vitalità, quel percorso della felicità che molto spesso si arresta, si ferma e poi riparte.
Quel sangue ti dà la forza di ricominciare, di ritrovare vita, di continuare ad essere felice! Ecco che cos’è l’Eucaristia! Gesù ci dice di ripetere quel gesto come noi che abbiamo bisogno di mangiare tutti i giorni; ci dice: “Se volete che io sia qui rifate questo!”. Quella memoria è arrivata fino a qui oggi. Gesù si fa cibo per te. Mangiami e sarò presente in te. Mangiami e spegnerò veramente la tua sete.
Mangiami e troverai forza, mangiami e ti impasterai di cielo. Questa domenica potrebbe essere l’occasione per riflettere su tutto questo. Tutto questo avviene nella notte, in quella notte in cui veniva tradito. Ogni domenica, la consacrazione inizia solennemente con queste parole e mi mette i brividi. Suona possente e tragico, gonfio di emozione e gravido di conseguenze. Nella notte in cui veniva tradito, cioè nel peggior momento della sua vita. Alla fine di un percorso entusiasmante, che ha incendiato i cuori, sconvolto molte vite, irritato più di un benpensante. Sa, Gesù, che il tempo volge al termine.
Il tempo del convincimento, delle parole piene di buon senso, dei sorrisi e dei miracoli, della folla plaudente. È finito, quel tempo. L’incomprensione è alle stelle e tutto sta precipitando. Finendo. O rinascendo. Nella notte in cui veniva tradito. Quando sai che sei alla fine, quando conti le ore, hai voglia di dare tutto, di sistemare le cose, vedere gli amici, parlare, abbracciare. E lui che fa? Inventa l’eucarestia. Quando risuonano queste parole anche a me viene un nodo al cuore: sono davanti a quella cena avendoti tradito e tu cosa fai Gesù? Mi ami ancora? Mi ami di più? L’Eucarestia allora è la realizzazione di quella parola del profeta: “Io li guarirò dalla loro infedeltà amandoli di più, più profondamente!”. Grazie Signore!
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Don Cristian Solmonese
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