La legge di bilancio ha stanziato 10 milioni di euro per la formazione obbligatoria sull’inclusione di tutti i docenti che hanno in classe un alunno con disabilità
Doveva arrivare in trenta giorni, quindi entro la fine di gennaio 2021 e invece è stato firmato il 21 giugno e solo in questi giorni se ne è avuta notizia. Peccato però che nonostante i lunghi mesi di gestazione, il decreto del Ministro dell’Istruzione ancora non dia concretamente gambe alla tanto attesa formazione obbligatoria per tutti i docenti che hanno in classe un alunno con disabilità. Formazione che va fatta nel 2021, questo è chiaro, ma purtroppo ancora leggendo il decreto non si capisce esattamente chi deve farla, con quali contenuti né quando la dovranno fare i docenti: «le attività formative di cui al presente decreto saranno oggetto di indicazioni operative alle Scuole-polo per la formazione da parte della Direzione generale per il personale scolastico e della Direzione generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico», si legge. È quindi certo che anche il prossimo anno scolastico inizierà senza che ai docenti venga data questa importante opportunità, prevista fin dal dicembre 2020.
Facciamo un passo indietro. È la Legge di Bilancio per il 2021, la legge 178 del 2020, che al comma 961 ha stanziato 10 milioni di euro per l’anno 2021 «destinati alla realizzazione di interventi di formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità». Un’ottima notizia, perché tutti sappiamo quanto ci sia bisogno di formazione in questo campo nella nostra scuola, che pur avendo fatto la scelta per l’inclusione da ormai 50 anni, nei fatti – come testimoniano moltissimi ragazzi e genitori – fatichi ancora moltissimo ad essere inclusiva. Tutti sappiamo che nei fatti ancora troppo spesso l’alunno con disabilità e la sua inclusione vengono delegate all’insegnante di sostegno, che più che essere un supporto alla classe per l’inclusione, finisce per essere l’insegnante esclusivo dell’alunno con disabilità, in una diade. E tutti sappiamo anche (e da qualche tempo è pure dichiarato) che nemmeno gli insegnanti di sostegno spesso sono formati per il ruolo che esercitano: poiché la graduatoria degli insegnanti specializzati per il sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda, circa il 36% degli insegnanti di sostegno viene in realtà chiamato fra docenti non specializzati.
La Legge di Bilancio usa parole chiare: «formazione obbligatoria», «finalizzata all’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità e a garantire il principio di contitolarità nella presa in carico dell’alunno stesso». Messaggio chiarissimo quindi. Chi ha quindi l’obbligo di questa formazione? E quando la deve svolgere? Era già scritto a dicembre: «Con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità attuative, prevedendo il divieto di esonero dall’insegnamento, i criteri di riparto, le condizioni per riservare la formazione al solo personale non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno, la determinazione delle unità formative comunque non inferiori a 25 ore di impegno complessivo, i criteri e le modalità di monitoraggio delle attività formative».
Sei mesi dopo, quando questa formazione sarebbe stato bello che i docenti l’avessero già fatta, così da avviare il nuovo anno scolastico con una consapevolezza più diffusa, scopriamo invece che il tanto atteso decreto 188/2021, si limita a fare poche cose: ribadisce l’obbligatorietà della formazione, fissa le “dimensioni” del percorso in 25 ore (quando invece la legge di Bilancio diceva che l’impegno complessivo del percorso doveva essere «non inferiore a 25 ore»); ribadisce che l’obbligo si rivolge al personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno (quindi vale anche per gli insegnanti di sostegno non specializzati) e specifica che si fa riferimento all’anno scolastico 2021/2022; afferma che non è previsto esonero dal servizio (per FLC CGIL, con questo decreto il Ministero «ha agito in totale spregio delle norme contrattuali» e c’è ancora discussione sul fatto che la formazione possa avvenire o meno nelle 40 ore destinate alle attività funzionali all’insegnamento). Viene inoltre definito (scongiurando la richiesta avanzata da alcune parti di una FAD asincrona) che delle 25 ore di formazione, 17 saranno in presenza e/o a distanza e 8 saranno di approfondimenti sulla sperimentazione didattica documentata e ricerca/azione, lavoro in rete, approfondimento personale e collegiale, documentazione e forme di restituzione/rendicontazione, progettazione (in presenza e/o a distanza?).
Ora, le indicazioni operative alle Scuole-polo da parte del Ministero quando arriveranno? Non sarebbe stato meglio inserire già in questo decreto (siamo pur sempre a luglio) un allegato tecnico che consentisse di dare operatività a questa bella intuizione? Perché quando arriveranno le indicazioni, inevitabilmente ci vorrà tempo per strutturare i percorsi e quel punto… a che punto dell’anno scolastico saremo? L’avvio del nuovo anno scolastico di certo ce lo saremo giocati, con tutto quello che significa un nuovo inizio in termini di libertà dal “già scritto”. C’è un esempio pratico che circola fra gli addetti ai lavori, che fa ben comprendere la differenza. «Ragazzi, mi raccomando, quest’anno in classe con noi c’è Luca che ha qualche difficoltà, quindi quando Luca vuole intervenire, tutti stiano in silenzio così che lo possiamo sentire bene», dice un insegnante il primo giorno di scuola. Ha già creato una situazione di emarginazione, pur volendo fare l’opposto. «Ragazzi, non siamo in DAD, è più facile sovrapporsi, facciamo tutti attenzione a parlare solo quando è il nostro turno così da poter comprendere bene cosa ci stiamo dicendo l’un l’altro. Luca, vuoi cominciare tu?». Un’altra storia. Tanto “altra” che la richiesta delle famiglie e delle associazioni, al netto dei tempi lunghi e delle criticità, è una soltanto: che questo aggiornamento obbligatorio in servizio venga messo a regime e non sia solo una bella esperienza del 2021. Con meno teoria, magari, e più spazio per un tirocinio supervisionato da esperti.
Fonte: Sara De Carli – Vita.it