Ferragosto di fuoco, e non solo per le temperature che ogni anno diventano più alte, a dispetto di chi ancora si ostina a negare i cambiamenti climatici. Gli incendi boschivi, puntualmente, sono arrivati già qualche giorno prima della metà del mese a devastare l’unica parte ancora verde dell’isola “verde”. E la mancanza di un’efficace azione di prevenzione, insieme alla scarsità di uomini e di mezzi, ha reso più gravi le conseguenze.
Come ogni anno, l’incendio più esteso ha colpito l’Epomeo, nella zona di Santa Maria al Monte, la sera del 13, bruciando per alcune ore. Nei giorni precedenti e successivi ci sono stati incendi a Serrara Fontana, a Buonopane e a Buttavento. Stessi posti e stesse modalità di sempre. Viene da domandarsi se si sarebbe potuto, almeno questa volta, evitare che si verificassero, ridurne il numero e la gravità.
Di certo si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di incendi dolosi, appiccati in modo che facciano più danno possibile, tenendo conto degli orari, del vento e della conformazione del territorio: gli incendiari, anche quando non sono mossi da interessi economici, non sono dei pazzi sprovveduti ma degli astuti criminali. E tuttavia riescono nel loro intento anche grazie alla generale sottovalutazione del problema, che porta a impegnare scarse energie nelle indagini. Potrei sbagliarmi, ma non mi risulta che ci siano stati, almeno negli ultimi dieci anni, arresti e processi per incendio doloso qui sull’isola.
Eppure il danno da incendio apre la porta a problemi di dissesto idrogeologico, a erosione e perdita di suolo, a eventi catastrofici come frane e alluvioni, con perdita di vite umane.
Negli anni 2018 e 2019, alcune associazioni isolane (Forio CB, Legambiente, CAI, Nemo, Gli alberi e noi) organizzarono una campagna di informazione e prevenzione contro gli incendi boschivi, con distribuzione di volantini e con esperti che si rendevano disponibili a dialogare con la gente fornendo chiarimenti e suggerimenti.
«Una bella campagna che secondo me ha dato anche qualche frutto – afferma Gianni Capuano di Forio CB – Parlare del problema è importantissimo. Inoltre rendendo la gente più attenta, si mette pressione addosso a coloro che vorrebbero appiccare gli incendi».
Anche la presenza di volontari che vigilavano il territorio, in quegli anni ebbe un effetto deterrente, e gli incendi diminuirono e si fecero meno gravi, grazie all’avvistamento precoce.
Insomma, un’iniziativa da riprendere sicuramente, per acquisire un maggiore controllo sul territorio, dove inevitabilmente il problema degli incendi boschivi si intreccia ad altri, come la presenza di microdiscariche abusive. Nell’incendio di Santa Maria al Monte, la presenza di materiale abbandonato ha rivelato la sua pericolosità: «C’era un casolare minacciato dal fuoco, e abbiamo iniziato a spegnere. D’improvviso, da un cumulo di erbacce e rifiuti che era nei pressi, è venuta un’esplosione. Era una bombola di gas abbandonata. Sembrava di stare in una zona di guerra» racconta Capuano, e aggiunge che la presenza di materiali infiammabili in molte microdiscariche influisce anche sulla gravità degli incendi.
Ma cosa potrebbe, invece, rendere più facile lo spegnimento degli incendi? «Vorremmo proporre a tutti i Comuni dell’isola di installare degli idranti e delle vasche alle quali i Canadair possano attingere. Certe volte finisci l’acqua mentre ti restano dieci metri da spegnere, e finisce che mentre ti rifornisci d’acqua l’incendio si espande di nuovo». Un accorgimento semplice, che potrebbe salvare tantissimi alberi.
Informazione, presidio del territorio, eliminazione delle microdiscariche, ma anche la pulizia dei sentieri che, dove viene effettuata, ha dimostrato di rallentare la diffusione del fuoco.
Da presidente di un’associazione che si occupa di alberi, aggiungo all’elenco la lotta contro le emergenze fitosanitarie, come l’infestazione da Toumeyella e quella da Cinipide. Gli alberi morti, infatti, sono un’esca terribilmente infiammabile.
Infine, una riflessione: tutti i danni ambientali sono correlati fra loro. Un incendio ad agosto prepara probabilmente una frana a novembre, e se il terreno disboscato o incendiato non viene protetto con opere di ingegneria naturalistica, il rischio è che pioggia e vento provochino una tale erosione da non potervi più piantare alberi. Proprio per questo è importante che l’impegno a vigilare il territorio duri tutto l’anno e sia ben organizzato. La campagna di informazione e prevenzione dovrebbe riprendere e non fermarsi più.
di Lilly Cacace Presidente Associazione Gli alberi e noi – Isola Verde
1 comments
Mi viene da citare un proverbio che grosso modo dice che “ Santa Chiara dopo il furto con scasso subito, fece mettere delle porte di ferro “
A significare che ha poco senso fare una campagna di sensibilizzazione contro gli incendi in piena stagione estiva e dopo che gli incendi sono stati già appiccati e hanno fatto i loro danni. Ma al di là di questo, tali campagne possono essere utili solo se parte di un disegno più importante è complessivo, dove dovrebbe essere centrale il ruolo delle istituzioni.
A salire: comuni, città metropolitana, regione, Stato, Unione Europea.
Per i comuni c’è molto da piangere, per quelli dell’isola nostra intendo. I loro territori sono del tutto abbandonati e privi di qualsiasi presidio. Mio nonno Antonio, morto quasi centenario, negli anni settanta quando gli incendi cominciarono ad essere una piaga, mi diceva sconsolato che lui non sapeva cosa fossero gli incendi. Lui si riferiva ad un isola diversa, tutta ordinata, armoniosa e coltivata. Quindi presidiata da viticoltori e pastori di capre.
I nostri sono sindaci monocentrici o meglio centripeti, nel senso che si prodigano (o tentano di farlo) solo del centro cittadino e poco altro. Il resto del territorio? Niente o quasi! Che diventa terra di nessuno, dove i malintenzionati, i senza cultura, gli idioti, i malati di mente, gli ignoranti, eleggono la loro potestà. Si sentono e si muovono a loro agio, anche protetti dall’omertà di chi sa, ma non vuole o non può denunciare i piromani perché è vittima della paura di ritorsioni sul proprio terreno, cantina, casa e via dicendo.
I sindaci a volte, stimo, si fanno scudo con le campagne di sensibilizzazione del volontariato per non fare niente. “Tanto ci pensano quelli …!”. In una simile situazione cosa fare? Le associazioni di volontariato devono in primo luogo lavorare ai fianchi i sindaci dell’isola, costringerli all’angolo della pianificazione territoriale totale. Ovvero nella quale il problemi degli incendi, usando una terminologia matematica, sia una “funzione derivata”, e certamente importante, ma la cui soluzione non è fine a se stessa, ma la risultante di un complesso di interventi sul territorio frutto di una precisa pianificazione di largo respiro che abbracci il breve, il medio ed il lungo periodo. Quello che inizia un sindaco oggi lo continua il successore, senza soluzione di continuità.
LA POLITICA: muove le sue mosse dal basso. Quando i sindaci, che fanno parte dell’Ancim e della sezione speciale Isole Minori, si riuniscono in sessioni programmatiche, devono mettere in via prioritaria all’ordine del giorno la questione territoriale, e far avanzare le loro istanze in maniera decisa e forte verso i livelli superiori della politica e delle istituzioni. Invece il più delle volte i nostri sindaci scrollano le spalle e dicono: “Non possiamo farci nulla, non dipende da noi!”. Una resa bella e buona che io definirei ignavia, debolezza, mancanza di visione, fuori ruolo, e così via. Sempre mio nonno diceva che tizio era un sindaco della schiappa! A significare una persona che crede di essere un padreterno, ma invece non vale nulla e nulla sa fare.
Francesco Mattera / agronomo
Socio del Centro Studi isola d’ Ischia