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Aiutare i più vulnerabili anche in condizioni estreme. L’impegno degli operatori umanitari

In occasione della Giornata mondiale dell’aiuto umanitario, il 19 agosto, l’intervista di In Terris a Thaila Poli, Senior Protection Assistant dell’UNHCR, 2016 lavora con l’agenzia delle Nazioni unite in Sicilia dove si occupa di accesso al territorio, in particolare gli sbarchi

In un mondo segnato da conflitti, persecuzioni, disastri naturali ed effetti del cambiamento climatico, con milioni di persone che si trovano costrette ad abbandonare le proprie case e spesso anche il proprio Paese per cercare la salvezza e la speranza di un futuro altrove, gli aiuti umanitari portati da tanti operatori – anche a rischio della propria incolumità – offrono un supporto importante, fondamentale, in grado di salvare molte vite. Proprio per rendere omaggio a queste figure, si celebra la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario.

“La giornata è stata designata in memoria dell’attentato del 19 agosto 2003 al Canal Hotel di Baghdad, in Iraq, che ha ucciso 22 persone, tra cui il capo umanitario in Iraq, Sergio Vieira de Mello”, spiega a In Terris nell’intervista che segue Thaila Poli, 33 anni, Senior Protection Assistant di UNHCR, l’agenzia specializzata delle Nazioni unite per i rifugiati, che dal 2016 lavora in Sicilia dove si occupa di accesso al territorio, in particolare gli sbarchi. “Da allora, circa 5.523 umanitari sono stati uccisi, feriti, detenuti, rapiti o altrimenti impossibilitati a svolgere il loro lavoro salvavita, secondo i dati dell’Aid Worker Security Database”.

Secondo il Global Humanitarian Overview 2021, documento dell’Unhcr che offre una panoramica dell’azione umanitaria basata sui dati attuali e sui possibili trend del futuro, nel mondo sono 235 milioni le persone che necessitano di protezione e assistenza umanitaria. Si è passati da una persona su 45 nel 2020 a una ogni 33 nell’anno in corso. L’obiettivo che si sono poste le principali organizzazioni è di portare assistenza a 160 milioni di persone in 56 Paesi nel mondo, operazione dal costo di circa 35 miliardi di dollari.

Sempre secondo quanto riportate nel Gho, la pandemia di Covid ha causato la recessione globale peggiore dagli anni Trenta, con la povertà estrema che, per la prima volta in 22 anni, è risalita, portando con sé un drammatico aumento della disoccupazione, che ha colpito soprattutto donne e giovani che vivono di economia informale. Altri numeri aiutano a quantificare l’entità di alcune importanti emergenze.

Negli ultimi dieci anni si è raggiunto il numero più di alto di sfollati interni, internally displaced people, molti dei quali in una situazione che si protrae tempo: se stimano 51 milioni. Inoltre, per via del Covid e degli effetti del climate change è peggiorata la fame acuta, che adesso colpisce 77 milioni di persone in 22 Paesi, mentre alla fine 2020 l’insicurezza alimentare è arrivata a riguardare 270 milioni di persone. I fondi per il fabbisogno per la sicurezza alimentare sono quasi raddoppiati in cinque anni, dai 5 miliardi del 2015 ai 9 del 2020.

Ancora, il Covid ha peggiorato le condizioni di vita delle categorie più vulnerabili, come persone affette da disabilità, persone anziane, persone con disturbi mentali. Ma non solo, perché i suoi effetti negativi si fanno sentire anche su diseguaglianza di genere e sulla violenza di genere., come ad esempio i casi di violenza domestica nei mesi di lockdown.

L’intervista

Perché si celebra la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario?

“L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario nel 2008 per commemorare gli umanitari uccisi e feriti nel corso del loro lavoro, e per onorare tutti gli operatori umanitari e sanitari che continuano, nonostante le difficoltà, a fornire supporto e protezione salvavita alle persone più bisognose. La giornata è stata designata in memoria dell’attentato del 19 agosto 2003 al Canal Hotel di Baghdad, in Iraq, che ha ucciso 22 persone, tra cui il capo umanitario in Iraq, Sergio Vieira de Mello. Da allora, circa 5.523 umanitari sono stati uccisi, feriti, detenuti, rapiti o altrimenti impossibilitati a svolgere il loro lavoro salvavita, secondo i dati dell’Aid Worker Security Database”.

Cosa sono gli aiuti umanitari?

“Gli aiuti umanitari sono aiuti che salvano la vita: cibo, alloggi di emergenza, assistenza medica, assistenza in denaro, istruzione, supporto psicosociale. Gli umanitari sono eroi della vita reale che impegnano la loro vita ad aiutare gli altri nelle circostanze più estreme in tutto il mondo. Per l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, questo significa specificamente proteggere i rifugiati, i richiedenti asilo, le persone costrette a fuggire all’interno del loro paese e gli apolidi – alcune delle persone più vulnerabili al mondo”.

Quali sono le principali aree geografiche d’intervento e le relative tipologie di aiuti?

“Gli umanitari forniscono assistenza e sostegno salvavita in tutto il mondo alle persone colpite da guerra, violenza, persecuzione, disastri naturali e cambiamenti climatici, anche in situazioni che in alcuni casi durano da molti anni, o addirittura decenni.

Pensate alla Siria, dove oltre 10 anni di conflitto hanno costretto più di 6,7 milioni di persone a fuggire all’interno del paese e altri 6,6 milioni a cercare sicurezza oltreconfine. Oppure all’Afghanistan, che ha visto più di quattro decenni di conflitto ed è ora sull’orlo di una grave crisi umanitaria e di migrazione forzata, con 550.000 persone costrette a fuggire all’interno del paese finora quest’anno (di cui 390.000 dal 3 maggio). 

Sono in prima linea in conflitti più recenti, come quello nella regione settentrionale del Tigray in Etiopia, dove l’UNHCR e i suoi partner umanitari sono recentemente potuti rientrare nei campi che accolgono i rifugiati eritrei dopo che scontri violenti divampati nell’area avevano impedito l’accesso al personale fin dal 13 luglio, o nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, in Mozambico. 

Gli umanitari sono anche chiamati a rispondere all’impatto di disastri naturali come vulcani e terremoti ed eventi meteorologici estremi come piogge intense, siccità prolungate, desertificazione, degrado ambientale o innalzamento del livello del mare e cicloni che distruggono case e mezzi di sussistenza. L’UNHCR sta fornendo protezione e assistenza a molti rifugiati e ad altre persone costrette a fuggire a causa degli effetti del cambiamento climatico, oltre ad aiutarli a rafforzare la loro resilienza nel caso di disastri futuri.

In Italia UNHCR lavora con le autorità nazionali e i partner per fornire assistenza umanitaria a rifugiati e richiedenti asilo dal momento del loro arrivo sul territorio ed in ogni fase della procedura di asilo fino alla loro integrazione. Assistiamo i rifugiati alle frontiere e nelle città, aiutiamo a identificare le persone con bisogni specifici, teniamo al sicuro i bambini soli, promuoviamo un’accoglienza sicura e appropriata, promuoviamo il reinsediamento e altri canali sicuri e regolari e aiutiamo i rifugiati a costruire un futuro migliore in Italia promuovendo opportunità di lavoro e di istruzione e l’inclusione sociale”.

Quali sono stati e quali sono gli impatti della pandemia Covid sulla possibilità d’intervento umanitario?

“Il Covid 19 ha fatto crescere i bisogni umanitari in un momento in cui il mondo si trova già ad affrontare dei livelli senza precedenti di vulnerabilità. La pandemia non solo ha avuto un impatto devastante sulla salute, ma ha comportato anche una catastrofica sofferenza economica in paesi già in stato di crisi umanitaria. Il Covid ha aumentato le vulnerabilità preesistenti e il rischio di violenza per i gruppi marginalizzati, compresi le donne ed i bambini in situazioni di isolamento.

Gli operatori umanitari hanno lavorato per prevenire, contenere e rispondere al Covid, così come per portare avanti le operazioni umanitarie in corso e soddisfare i crescenti bisogni umanitari tra sfide di accesso senza precedenti, restrizioni al movimento e una drammatica carenza di fondi. La pandemia ha anche aumentato i rischi di sicurezza per gli operatori umanitari, rendendo più difficile il loro lavoro”.

di Lorenzo Cipolla – InTerris

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