Vaccini? Altro che feticcio “libertà”: troppi sono vittime di paura, ignoranza, individualismo
In carrozza, si parte! È come se, in questi giorni iniziali di un settembre saturo di problemi, dovessimo prendere un treno, e ripartire per un viaggio lungo un anno, il prossimo anno. Per gli amanti del cinema, e in particolare della saga di Harry Potter, è un po’ come all’inizio di un nuovo anno ad Hogwarts, quando si va tutti al binario 93/4 e si incontrano i vecchi amici (e anche i vecchi nemici).
Si racconta come si sono vissute le ultime settimane, ma si condividono anche le ansie, le speranze, le attese, le paure per il nuovo anno che sta iniziando (perché non diciamo bugie, il nuovo anno inizia a settembre, mica il giorno 1° gennaio).
Che cosa ci aspetta? Cosa dovremo affrontare? Quali impegni ci toccheranno? Se ci pensiamo bene, è un momento quasi magico, il momento in cui prende forma una “nuova vita”, che ovviamente in massima parte dipende dalle scelte fatte nel passato, ma che porta con sé una ventata di freschezza e di novità.
Come il venticello settembrino, dopo l’arsura e l’afa dell’estate. È un vero e proprio kairòs, il momento giusto per far entrare nella nostra vita lo Spirito che tutto ricrea, dà nuova forma a ogni cosa, apre strade dove non ve ne sono, allarga il nostro sguardo all’orizzonte infinito.
E se qualcuno ha ancora dei dubbi circa la destinazione e l’itinerario da seguire… beh, non è che sia molto difficile scoprirli: basta aprirsi, personalmente e come comunità ecclesiale, al soffio dello Spirito che “non sai da dove viene né dove va” (Gv 3,8). E allora, coraggio, cosa aspettiamo? In carrozza, si parte!
È un viaggio che dobbiamo intraprendere non solo – e non tanto – personalmente, quanto tutti insieme, come popolo di Dio. Il primo luogo verso cui dobbiamo dirigerci non può non essere la grave situazione di pandemia che continuiamo a vivere. Perché sì, purtroppo, ci troviamo ancora a fare i conti con il Coronavirus. Le cause sono molteplici, ma a me interessa sottolinearne una, il numero tutto sommato basso dei vaccinati, che evidenzia in particolar modo il disprezzo che coloro che si rifiutano di vaccinarsi mostrano per la vita degli altri (ma anche della propria).
Ci si riempie la bocca di tante parole – al di sopra di tutte, la parola feticcio “libertà” -, ma alla fin fine quello che emerge è paura, ignoranza, individualismo, egoismo, noncuranza delle conseguenze che possono derivare. Molte di queste persone che hanno rifiutato il vaccino sono cristiani (o si proclamano tali), molti no: ma tutti ignorano il bene comune, che in questo caso consiste nel raggiungimento del numero più alto di vaccinati, in modo da diminuire le possibilità di contagi e di ricoveri.
Come comunità ecclesiale, dovremmo non solo condannare questi atteggiamenti, ma anche iniziare una seria azione educatrice, proprio a partire dal bene comune che è al centro della Dottrina Sociale della Chiesa. Ma da questo luogo, visitato forse troppo frettolosamente, dovremmo spostarci subito in quello immediatamente successivo, che mette al centro della situazione economica e sociale la dignità della persona, soprattutto dei poveri, delle vittime reali di questa pandemia. «Io mi prendo cura di te» dovrebbe diventare lo slogan delle nostre comunità ecclesiali, ma anche di una comunità civile che non può partire dall’ascolto delle banche o delle grandi lobby affaristiche, che anche con questa pandemia si sono arricchite, ignorando nel contempo tutta l’area del disagio, dell’emarginazione, della povertà, abitata dagli “scartati” di questo mondo.
Bisogna che tutta la nostra comunità diocesana, in ogni sua articolazione, gridi con forza che da loro bisogna ripartire per una società equa e giusta, che dimostri di aver imparato dalla grande tragedia della pandemia. Possiamo solo in questo modo arrivare a quella “rigenerazione” che è il tratto caratteristico del terzo luogo verso cui dirigerci, e che in realtà è una successione di luoghi: il cammino sinodale della Chiesa italiana, il cui tema è appunto “Annunciare il Vangelo in un tempo di rigenerazione”, che si interseca con il cammino della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che cercherà di delineare i tratti dello stile sinodale della Chiesa (comunione, partecipazione e missione).
Le tre tappe dell’ascolto, ricerca e proposta che vivremo nei prossimi mesi saranno per noi come altrettante fermate di questo viaggio così intenso, che ha come destinazione una società più umana e una Chiesa autenticamente sinodale che si sappia porre in ascolto dell’uomo di oggi, con tutto il suo carico di gioie e speranze.
di Pino Natale – Segni dei Tempi