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Incontro Nazionale Ordo virginum 2021

Quanta Bellezza fatta donna in questo incontro on-line! La ricchezza, la competenza, gli spunti formativi, i colori, la creatività sono veramente tanti! Ciò che segue dunque è solo un tentativo di descriverli!

L’incontro Ordo virginum è iniziato venerdì 20 agosto con il saluto del Gruppo di collegamento. “La bellezza della vita – ci ha detto Silva De Luca – non dipende dalle cose che accadono, bensì da come accogliamo ciò che la vita ci offre, certe che nonostante la sofferenza ciò che viviamo è un tempo di grazia”. Il messaggio di papa Francesco, per il 50.simo di promulgazione del rito, ha continuato il pensiero espresso: “Quello che sta accadendo nel mondo vi scuota, non chiudete gli occhi, non fuggite! Attraversate con delicatezza il dolore e la sofferenza! Perseverate nel proclamare il Vangelo della vita piena per tutti!”. A maggio, ci ha detto poi Silva, è terminato il mandato di Mons. Oscar Cantoni quale Delegato nazionale dell’Ordo virginum. Lo ringraziamo tutte per la delicata paternità e per il suo accompagnamento di questi anni, che ha svolto con cura, dedizione, prudenza e competenza.

Lo stesso Mons. Cantoni, nel suo ultimo intervento come Delegato, ha salutato tutte e ciascuna di noi, anche a nome di tutti i confratelli vescovi italiani. Si è detto sinceramente ammirato per la non facile vocazione dell’Ordo virginum che ha bisogno di essere sostenuta e apprezzata per essere presentata nelle singole chiese particolari tra le diverse espressioni vocazionali frutto della grazia del battesimo e della confermazione, e per non essere messa ai margini. Fu proprio Mons. Cantoni che propose qualche anno fa un testo base collegiale che interpretasse l’iter di formazione nell’Ordo virginum in vista della consacrazione verginale, da mettere a disposizione di tutti. Questa proposta è stata realizzata ed è confluita nella recentissima pubblicazione intitolata “Ordo virginum delle diocesi che sono in Italia, Percorso formativo dal discernimento alla consacrazione, ed. Ancora”. Il delegato ha proseguito dicendoci che nessuna può procedere da sola, e ci ha augurato e consigliato: di seguire con attenzione il cammino della nostre chiese particolari; di confrontarci con gli orientamenti fondamentali offerti dal vescovo per vivere una vera e reale comunione con lui; di tenere aperto lo sguardo del cuore sul popolo di Dio, sulla sua vita reale e sulle sue necessità; di essere presenza d’amore e di non sprecare le ispirazioni del Signore. Ha poi concluso assicurandoci la sua preghiera e il suo ricordo.

Il nuovo volume sul Percorso formativo ci è stato presentato da Gloria Mari. Esso è nato da un lavoro di gruppo e da un ascolto reciproco in un laboratorio sinodale di 14 consacrate. Il volume – ci ha detto Gloria – è uno strumento di lavoro che può risultare utile: alle Diocesi dove l’Ordo virginum non è ancora nato; a tutte le donne in formazione; a tutte le consacrate. Contiene riflessioni/verifiche/suggerimenti pratici, va ad integrare i testi base dell’Ordo virginum e verrà completato del secondo volume. L’originalità è che ha in sé il frutto della riflessione matura tra le consacrate, nonché l’incoraggiamento e il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana. La forma è dunque la sinodalità, per cercare il bene comune e trasformare la società secondo il progetto di Dio. 

E’ seguita una interessantissima catechesi intitolata Un Ordo di sorelle discepole “Femminilità e sequela” nella quale Rosalba Manes e Paola Pellicanò ci hanno fatto riflettere, attraverso tre icone bibliche, su noi stesse, assetate di salvezza, guarigione e vita. Gli approfondimenti che ci sono stati riportati sono numerosi e si snodano nel percorso che dalla figura dell’emorroissa e la figlia di Giairo giungono a Maria di Magdala. Un cammino di trasformazione che fa della Vita minacciata una vita ridonata.

La vicenda della figlia di Giairo e dell’emorroissa sono due episodi di vita minacciata e ridonata: la figlia di Giairo, ha dodici anni, età del divenire donna e che potrebbe non esserlo perché sta morendo, privata quindi della sponsalità; l’emorroissa – umiliata nella sua potenza generatrice, nel suo stato, da dodici anni – sembra aver perso la possibilità della sua maternità. Entrambe quindi sono apparentemente precluse alla vita. Ma c’è una via di più grande fecondità: la fede.

Il cuore del messaggio offerto è la fioritura della femminilità – la vocazione femminile del popolo di Dio che è donna – e la chiave di svolta è un “TOCCO”.

La donna tocca Gesù, ci ha detto Rosalba, dando vita ad un gesto azzardato con il quale esprime fiducia in se stessa dimostrando apertamente il suo voler vivere. Sfidando l’ordine prestabilito si apre: all’esperienza dell’amore, quella stessa esperienza che le era stata negata; ad una vita nuova ridonata e la re-incorpora alla comunità. E’ sicuramente significativo che Gesù sente il tocco della donna nonostante la folla ed opera un gesto straordinario: non solo sente la sua sofferenza (cardiognosia), ma le dona una nuova dignità. La fa passare dall’anonimato (una donna) alla condizione di FIGLIA (relazione). Gesù, le ridona pace, e finalmente la VITA.

La fanciulla invece è toccata da Gesù. Questa volta è Gesù ad essere interpellato dalla situazione e dalla fede di suo padre, Giairo. In questo passo evangelico – dinanzi allo sgomento generale – i testimoni privilegiati sono evocazione del “popolo della speranza” costituito dai genitori della fanciulla e da Pietro, Giacomo e Giovanni, perché solo chi ama spera contro ogni speranza. Gesù tocca la bambina e le dice: Talità Kum – fanciulla, io ti dico: alzati! È la fede a riaccendere il palpito della vita e la estrae dalla morte. Subito la fanciulla si alzò, cominciò a camminare e le viene dato da mangiare. Ancora una volta il Signore opera il passaggio dalla morte alla vita, grazie alla fede.

In questi passaggi, il Signore, vuole dirci come Dio viene a conoscere le nostre emorragie, le nostre morti, vuole entrare nelle stanze affettive più intime del nostro cuore di donne e ci ricorda che fioriamo nell’Amore solamente attraverso un suo tocco/contatto, intessendo relazione nuove attraverso la nostra storia, e che noi sorelle dell’Ordo siamo chiamate ad amare e generare, spiritualmente, attraverso la via più grande: la fede.

IL PERCORSO di trasformazione – segno del cammino umano – si completa attraverso la figura di Maria di Magdala, primizia della presenza delle donne accanto ai discepoli nella sequela del Maestro, che esce dalla dimensione restrittiva del focolare domestico, lascia tutto – come gli apostoli – e si apre ad una vita nuova.  Anche lei è “toccata” dal Maestro,  anche lei è guardata da Lui – come solo Lui sa guardare – e la sua guarigione diventa luogo di impegno/sequela, esperienza di servizio/diaconia. Con Maria Maddalena, le donne, diventano testimoni privilegiate della Resurrezione. È lei che fa conoscere la presenza pasquale del Risorto, è lei che per prima dà l’annuncio del Risorto, è grazie a lei che il Vangelo del Risorto correrà a due voci: Pietro – come la voce dell’uomo – e Maria Maddalena – come la voce della donna.

L’invito di questa icona è lasciarsi incontrare, condurre per diventare più umane e disposte a vivere da riconciliate – misericordiate – con la nostra storia e con la rete di relazioni in cui si è intessute. Una figura quella di Maria Maddalena che da sempre si è prestata a fraintendimenti e che troppo lentamente ci ha permesso di comprendere il dono di Cristo che le ha fatto: la Misericordia. Una figura, quella di Maria Maddalena che ritroviamo spesso nella Scrittura, nel perdono ricevuto, nella sequela, nella presenza sotto la croce e nell’annuncio del Cristo Risorto. Nella riflessione sul Vangelo di Luca viene presentato uno schema centrale della vita di questa donna. L’incontro al sepolcro è contrassegnato da tre participi:

  • Maria che piange (Klaioùsa in greco) – segno della sofferenza per il suo Signore che non c’è più, ma anche segno della gratitudine per la nuova vita di grazia ricevuta.
  • Maria che si volta (Straféisa in gr.) – segno della “voce” che Maria riconosce essere del suo Signore e della gioia per averlo con se. Maria si volta, lo riconosce. Gesù la chiama per nome. “Non mi trattenere”, la invita ad una nuova relazione – adesso non più con un tocco fisico ma trascendentale.
  • Maria che annuncia (Anghélousa) – non mi tenere per te, va nel mondo intero a dire che io sono Risorto.

Maria, diviene la prima annunciatrice. Adesso è chiamata alla grazia verginale, al non possedere più ma fare spazio alla gratuità. La invita ad amare, credendo. È inviata ai suoi fratelli ed entra a pieno titolo nella Chiesa come annunciatrice.

Attraverso queste donne, dice Rosalba, ritroviamo l’invito che anche noi consacrate dell’OV  abbiamo ricevuto: andate dai miei fratelli e dite loro…Siamo donne che si lasciano: salvare dal Salvatore; unificare a Se; generare dello Spirito per vivere da donne redente, per dire come la Sposa del Cantico dei Cantici: “Sono come colei che ha trovato la pace!”

Concludendo, Maria porta nella Chiesa un balsamo con cui unge, non più il corpo di Cristo, ma il balsamo del perdono, della gratuità, della sororità, del servizio alla Sua Chiesa, per irradiare – anche noi come Ordo – il buon profumo di Cristo.

Paola Pellicanò ci ha affermato che c’è una dimensione del femminile che solo la vita consacrata mette in risalto e c’è una dimensione della vita consacrata che solo la femminilità può esplicitare. La nostra profezia è al femminile e del femminile. Il mistero della femminilità può essere letto oltre che dalla prospettiva della parola di Dio, anche attraverso il linguaggio del corpo.

La femminilità e la sessualità fiorisce, ad un certo punto, in maniera particolare. Ad esempio la donna, rispetto all’uomo, ha un patrimonio di cellule uovo, all’interno del suo apparato riproduttivo femminile, già presente da quando la bimba è nel grembo materno. Nel passaggio dalla pubertà all’adolescenza queste cellule matureranno e daranno alla donna la possibilità di diventare madre. Nella biologia umana, in tutte le culture, questo diventare donna coincide con la possibilità della maternità. Ne parliamo perché una delle icone è la figlia di Giairo, la quale a causa della morte si ferma su questo crinale, alle soglie di questo sbocciare della femminilità e dunque della possibilità di diventare sposa e madre. Corriamo tutte questo rischio! Giairo, con la sua fede, si fa mendicante del dono della vita, chiedendo la salvezza della figlia, la quale toccata da Gesù viene risvegliata. Il suo tocco sblocca la sua esistenza, la trasforma. Il corpo non può essere scartato, dimenticato, nascosto in un angolo, escluso dalla maturazione e dal cammino vocazionale, perché Gesù ci raggiunge nel corpo e nel contempo ce lo restituisce, in modo tale che ci rende possibile una sequela al femminile. Il corpo, Giovanni Paolo II, lo chiama sacramento, cioè mistero di un visibile che contiene qualcosa di straordinariamente grande.

Tornata in vita, Gesù dice di darle da mangiare. Attraverso la bocca passa anche la parola e oggi sappiamo quante difficoltà, disturbi (dislessie) o ritardi nel linguaggio ci sono nei bambini, ai quali viene dedicato poco tempo per il dialogo. In effetti c’è un rapporto stretto tra capacità di parlare e capacità di ascoltare dunque se al bambino non si parla, egli, non avendo ascoltato, a sua volta non può parlare. Sappiamo anche quanti disturbi dell’alimentazione ci sono: anoressia, bulimia, trascuratezza che in fondo traducono un rapporto sbagliato, non equilibrato col proprio corpo, ossia qualcosa di se che non si accetta, un corpo visto in una certa bruttezza che si riflette anche sulla fertilità per cui è come se tutto ritornasse indietro. Per il cristiano mangiare è nutrirsi dell’eucaristia.

L’alterato rapporto con il cibo nasconde un alterato rapporto relazionale che è il problema dell’emorroissa: il suo grembo è inospitale quindi non può diventare madre. Non può accogliere il bambino. Il suo grembo è inospitale. Una sterilità biologica e relazionale dalla quale deve essere guarita. C’è un simbolismo: quello del vestito, che aiuta a capire il senso della guarigione. Il vestito indica la custodia; avvolge il corpo, richiama il pudore, la custodia dell’intimità, di ciò che è più privato e personale, spazio della custodia del corpo nella sua salute, il bene della cura, del prendersi cura di se stesse, lo spazio del riposo, del limite, della creaturalità (la quale ci ricorda che il corpo appartiene al Signore), la cura fisica anche attraverso i controlli necessari da fare o la prevenzione. Per guarire l’emorroissa tocca Gesù. In questa iniziativa possiamo leggere il segno più grande che è quello della castità. La castità è un segno di auto-possesso. La donna è libera di toccare, di instaurare una relazione di dono proprio perché si possiede e può donare se stessa.

Il tema della castità indica la pienezza d’amore di chi sa donarsi non solo allo Sposo ma anche agli altri. Sa superare il proprio egoismo, sa accorgersi degli altri. E dunque il tema della castità è il tema della carità. Toccare il lembo del mantello, toccare il corpo del Signore, la carne di Cristo nei poveri, negli ultimi, in coloro che ci sono affidati! Saper piangere con chi piange!

Anche Maria di Magdala piange perché non vede più il corpo di Gesù! E ad un certo punto, dopo il dinamismo dell’annuncio e dell’evangelizzazione, sta! E’ il tempo della preghiera, dell’ascolto, della contemplazione; e può essere anche il tempo della croce, della malattia, dell’anzianità. Senza averne paura, perché la vecchiaia è sterilità per chi non ha vissuto la maternità, l’innamoramento della sponsalità, per chi non ha vissuto appieno la femminilità. Il processo dell’invecchiamento per una madre non porta alla sterilità perché ella è completamente concentrata sul figlio, vede il futuro in lui e non pensa a se stessa. E questo anche per una donna innamorata come Maria di Magdala. Eppure non riconosce più l’Amato. Come nella malattia! Ma Gesù la riconosce e si fa più vicino di sempre! La vicinanza di Gesù ci dice che l’annuncio del Risorto non riconosce vite inutili né fasi di vita meno feconde per chi ha donato completamente se stessa!

Gesù inoltre aiuta Maria anche a riconoscersi, nuovamente, chiamandola per nome! Maria è sempre Maria anche nel momento in cui i suoi occhi non vedono, la sua mente non capisce, il suo corpo è più appesantito. Il cuore di tutto è il dono, che è diventato sempre più profondo! E che cresce anche nell’ora della malattia o nell’ora della morte. Nel corpo la morte sembra mettere la parola fine, ma non è così! Invece nel corpo c’è la promessa di risurrezione, di immortalità, di eternità. Il tema della resurrezione del corpo per noi vergini consacrate è fondamentale, nell’oggi: aiuta nella pienezza di relazione col Signore; prepara per la fine, come mistero.

Maria ha portato l’olio per ungere un corpo che rimane, anche nella morte, sacramento! Mistero di un valore grande che non finisce! Corpo col quale oggi amo e che, trasformato e trasfigurato, vedrà l’incontro definitivo con lo Sposo nell’eternità! Ma questo richiede un’altra trasformazione, vivere e morire da vergine per cui ogni relazione scaturisce dalla relazione essenziale con Cristo; innanzitutto: la solitudine e la sororità. La profezia che soprattutto oggi la verginità consacrata è chiamata a dare, l’annuncio di vita che il Risorto affida è che soprattutto nell’ora del dolore, della difficoltà, anche della crisi spirituale, soprattutto nell’ora dell’apparente sterilità e dell’apparente buio, lì il Signore c’è, lì il Signore è il presente, lì il Signore è Colui che è vicino! Non c’è vita gravata da una ferita, da un peccato, da una malattia, da un handicap, da una fatica e da una povertà, che non sia sacramento di questa presenza! Proprio lì dove la debolezza sembra più forte, Tu Signore sei con noi! Buon cammino! E’ seguita la Veglia di preghiera con canti e con testimonianze sulle quattro caratteristiche della vergine consacrata: sposa, figlia, sorella, madre.

di Aurora Tartaglione e Angela Di Scala

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