La via del dolore
Il 24 agosto del 2013, all’età di 73 anni, moriva nella casa di riposo “Villa Joseph” Mons. Strofaldi, vescovo di Ischia dal 1998, su nomina di Papa Giovanni Paolo II, successore di Mons. Antonio Pagano.
Il suo intenso operato nella diocesi isolana – ricordiamo la visita del Papa ad Ischia il 5 maggio del 2002 e il ritorno delle spoglie di San Giovan Giuseppe della Croce da Napoli al Convento francescano di Ischia – fu rallentato negli ultimi anni da una grave malattia al fegato a causa della quale fu prima sottoposto a trapianto e successivamente costretto alle dimissioni dall’incarico di vescovo, incarico che fu poi ricoperto da Mons. Lagnese.
Nella celebrazione eucaristica per il 24 agosto Mons. Pascarella ha voluto ricordarlo con parole di affetto e gratitudine, ma ha iniziato il suo discorso con una premessa, fondamentale per ogni cristiano: «Cristo ci unisce uno all’altro come membra del suo corpo e nella preghiera nasce una reciprocità che supera i confini del tempo e dello spazio.» Questo deve essere il senso della preghiera per i nostri cari defunti, si invoca l’intercessione dei santi e si prega per i fratelli e le sorelle defunti, affinché siano accolti in Paradiso.
La preghiera per i defunti è senza dubbio un atto di gratitudine, è quanto di più prezioso noi possiamo fare per i cari ai quali abbiamo voluto bene. Pregare per il Vescovo Strofaldi è dunque un atto importante, ma forse – ha aggiunto il Vescovo – è lui stesso che prega per noi, chi può saperlo? «Per le sofferenze che ha sopportato nell’ultimo tratto della sua vita, il Signore lo avrà accolto in Paradiso».
Il Vescovo Gennaro ha continuato ricordando le parole di santa Rosa da Lima, della quale il 24 agosto ricorre l’anniversario della morte, “Tutti sappiano che la grazia segue la tribolazione, senza il peso delle afflizioni non si giunge al vertice della grazia, nessuno si inganni, questa è l’unica vera scala per il Paradiso”.
Mons. Pascarella ha poi ricordato quanto Il Vescovo Strofaldi si sia prodigato per la Chiesa di Ischia, Chiesa che ha amato e servito, per la quale ha gioito e sofferto. Ma rimane un quesito: la sua eredità è stata raccolta? Quanto lui ha realizzato è stato valorizzato?
Accogliere correttamente la Parola di Dio
Il Vescovo ha poi proseguito soffermandosi su quanto la Parola proposta dalla Liturgia del giorno ci comunica, in particolare riguardo all’accoglienza della Parola stessa, quella di cui parla san Paolo nella Prima Lettera ai Tessalonicesi, da cui è stato tratto il brano che costituisce la Prima Lettura.
Gli abitanti di Tessalonica hanno accolto correttamente il Vangelo e sono stati in grado – scrive san Paolo – di diffonderlo non solo con le parole, ma con le loro azioni, cosa che rende il processo di evangelizzazione particolarmente efficace, poiché lo mette al riparo da uno degli errori più gravi che un cristiano possa commettere: l’ipocrisia. È di ipocrisia che infatti Gesù accusa i Farisei nel brano del Vangelo di Matteo (Mt 23,27-32), legati alle tradizioni false e manipolate a proprio piacimento.
Ipocrita è –secondo le parole di Papa Francesco – uno degli aggettivi più forti che Gesù usa rivolgendosi ai dottori della religione dei suoi tempi, dandosi da fare per ciò che è marginale, curando più il tempio che colui per il quale il tempio è stato costruito.
Ci ha ricordato il Vescovo: «Gesù stasera ci invita a verificare se c’è in noi autenticità o falsità, trasparenza o doppio gioco, se siamo suoi discepoli solo di nome o con i fatti, se consentiamo alla Parola di rivoltarci come fa l’aratro nella terra per poter portare frutto. Siamo servi della Parola di Dio o ci serviamo di essa? L’ipocrisia non è solo un freno alla evangelizzazione, ma una controtestimonianza.»
Ha poi concluso con un pensiero di San Ignazio di Antiochia: “Non basta essere chiamati cristiani, ma bisogna esserlo davvero”.