Nella catechesi del 22 settembre scorso, Papa Francesco racconta brevemente la sua bella esperienza durante il viaggio apostolico a Budapest e in Slovacchia. Uno degli aspetti che ha trattato sono le radici del cristianesimo in ogni Paese all’insegna della Croce: «Questo viaggio è stato un pellegrinaggio alle radici.
Incontrando i fratelli Vescovi, sia a Budapest sia a Bratislava, ho potuto toccare con mano il ricordo grato di queste radici di fede e di vita cristiana, vivide nell’esempio luminoso di testimoni della fede, come il Cardinal Mindszenty e il Cardinal Korec, come il Beato Vescovo Pavel Peter Gojdič. Radici che scendono in profondità fino al nono secolo, fino all’opera evangelizzatrice dei santi fratelli Cirillo e Metodio, che hanno accompagnato questo viaggio come una presenza costante. Ho percepito la forza di queste radici nella celebrazione della Divina Liturgia in rito bizantino, a Prešov, nella festa della Santa Croce.
Nei canti ho sentito vibrare il cuore del santo popolo fedele, forgiato da tante sofferenze patite per la fede. Più volte ho insistito sul fatto che queste radici sono sempre vive, piene della linfa vitale che è lo Spirito Santo, e che come tali devono essere custodite: non come reperti da museo, non ideologizzate e strumentalizzate per interessi di prestigio e di potere, per consolidare un’identità chiusa. No.
Questo vorrebbe dire tradirle e sterilizzarle! Cirillo e Metodio non sono per noi personaggi da commemorare, ma modelli da imitare, maestri da cui sempre imparare lo spirito e il metodo dell’evangelizzazione, come pure dell’impegno civile».
C’è un episodio nella vita di San Francesco d’Assisi in cui l’avidità di un sacerdote si trasforma per questi in occasione di santificazione, grazie all’esempio del santo, in cui le radici della croce erano ben radicate nel suo cuore: “Credo che non sia fuori luogo aggiungere qui la conversione del predetto Silvestro, come sia stato mosso dallo Spirito ad entrare nell’Ordine.
Silvestro era un sacerdote secolare della città di Assisi, e da lui un tempo l’uomo di Dio aveva comprato pietre per riparare una chiesa. Quando vide, in quei giorni, frate Bernardo, che dopo il Santo fu la prima pianticella dell’Ordine, lasciare completamente i suoi beni e darli ai poveri, si sentì acceso da una cupidigia insaziabile e si lamentò col servo di Dio per le pietre, che un tempo gli aveva vendute, come se non gli fossero state pagate completamente.
Francesco, osservando che l’animo del sacerdote era corroso dal veleno dell’avarizia, ebbe un sorriso di compassione. Ma, desiderando di portare in qualunque modo refrigerio a quella arsura maledetta, gli riempì le mani di denaro, senza contarlo. Prete Silvestro si rallegrò dei soldi ricevuti, ma più ancora ammirò la liberalità di chi donava.
Ritornato a casa, ripensò più volte a quanto gli era accaduto, biasimandosi santamente e meravigliandosi di amare, pur essendo ormai vecchio, il mondo, mentre quel giovane disprezzava in tale modo tutte le cose. Quando poi fu pieno di buone disposizioni, Cristo gli aprì il seno della sua misericordia, gli mostrò quanto valessero le opere di Francesco, quanto fossero preziose davanti a lui e come con il loro splendore riempissero tutta la terra.
Vide infatti, in sogno, una croce d’oro, che usciva dalla bocca di Francesco: la sua cima arrivava ai cieli, bracci protesi lateralmente cingevano tutto attorno il mondo. Il sacerdote, compunto a quella vista, scacciò ogni ritardo dannoso, lasciò il mondo e divenne perfetto imitatore dell’uomo di Dio.
Cominciò a condurre nell’Ordine una vita perfetta e la terminò in modo perfettissimo con la grazia di Cristo. Ma, quale meraviglia che Francesco sia apparso crocifisso, lui che ha amato tanto la croce? Non è certo sorprendente che, essendo così radicata nel suo cuore la croce, che opera cose mirabili, e venendo su da un terreno buono, abbia prodotto fiori, fronde e frutti meravigliosi! Nient’altro, di specie diversa, poteva nascere da questa terra, che la croce gloriosa fin da principio aveva presa in tale modo tutta per sé” (FF696).