Raccolgono viveri, sorrisi e buone volontarie intenzioni a migliorare qualcosa, sanpietrino per sanpietrino. Tra un pacco di zucchero dalla forma arrotondata, una scatola di cartone di pasta da 1 kg, una cilindrica lattina di legumi, una bottiglia di olio e altri contenitori dalle più disparate forme geometriche si creano delle intercapedini che infastidirebbero qualunque brava massaia esperta nello stipaggio della dispensa. Quelle che hanno poco spazio e qualche scorta in più, professioniste del Tetris se solo imparassero a giocarci, amano occupare ogni spazio vuoto e incastrano alla perfezione tutti i pacchi, ottimizzando gli spazi in maniera funzionale più alla totale occupazione del vano che alla data di scadenza.
Loro, i timidi e giovani entusiasti, quello spazio che resterebbe inutilizzato nella concava carriola, già irregolare nelle forme che non combaciano con i contenitori da contenervi, perché non vada perduto lo riempiono con l’aria nuova della speranza, con dita piccole per afferrare, prendere e consegnare, con quei sorrisi che hanno imparato a bucare anche le mascherine, con quel guizzo ingenuo e brioso degli occhi di chi inizia un gioco nuovo ed emozionante, di chi sa che qualunque sia il gioco, già il farlo insieme è una gran bella cosa, se poi lo fanno per fare del bene è ancora meglio.
Ed eccoli lì, l’esercito dei timidi giovani, quelli che provano a uscire senza dover fare i conti con le paure degli adulti, che armati di carriola decorata, riprovano a solcare, con le ruote arrugginite e cigolanti, tipico degli attrezzi che sono stati per troppo tempo fermi e chiusi in qualche deposito, i viottoli dei borghi che nessuno solca, quelle strade di un tempo che sembra non passare mai, quegli angoli nascosti dal clamore del centro e sempre un po’ di più in penombra che sembra quasi non ci siano, dove i poveri afferrano il pacco di farina in più e lo consegnano a quelle mani affinché lo portino laddove non arriva il conforto agli ultimi, o non ancora. I vicoli di chi già possiede poco e che nella carriola della misericordia ci mette il cuore e lo condivide con chi ha nulla.
Succede anche questo nella riorganizzazione degli eventi da riprendere e sviluppare con rinnovata energia nella diocesi ischitana, negli incontri strategici tra realtà di gruppi diversi che uniscono le risorse e ne creano di nuove: catechisti, animatori, responsabili di pastorale giovanile e famiglia e vari ed altri nuovi volti, nuove realtà, risorse uniche e speciali che condividono l’idea della sinodalità e la sviluppano perché diventi realtà e perché non accada di fare la Chiesa ma di essere Chiesa, in una diversità che arricchisce e si mette al servizio dei bisognosi. Tutti noi lo siamo, a vario titolo ed a vari livelli. Caritas è parrocchia, non un gruppo a parte che fa da battitore libero.
Un fiore di cartapesta, un gioco di quartiere, colori ancora vivi che raccontano di un’estate che non è ancora finita ed introducono ad un autunno che conserva intatti i colori della natura, il rosso, il marrone, il verde: a Ischia la natura è sempre un tripudio vivace di intensità, colorate e profumate di speranza, di gioia per la condivisione, di una paura del contagio che ha terrorizzato tutti e costretto al distanziamento spirituale prima ancora che fisico e che si scioglie gradatamente, sotto il sole di settembre ormai autunnale, in una timida ma entusiastica ripartenza.
Ritorna la carriola della misericordia, la carriola di una Caritas missionaria, parrocchiale, di persone che escono dalla chiesa e vanno incontro ad altre persone per farsi Chiesa; piccole arterie che portano al grande cuore di una comunità in costante formazione, in continua evoluzione. La carriola o le carriole portate dai bambini, ragazzi, adolescenti, monitorati dagli adulti del territorio diocesano, seguiti e sostenuti in questo timido viaggio di inizio dopo la chiusura forzata per ragioni sanitarie, dove tutto si è fermato, tranne la solidarietà, in ogni sua declinazione. Dove il motto “ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci separa” è vissuto sulle strade isolane, prima ancora che interiorizzato negli incontri sulle progettualità degli adulti.
L’esercito dei timidi porta-carriole si è riformato, rinnovato, ed informato: raccolgono generi di conforto e come vasi comunicanti trasmettono speranza, coraggio, forza e con quella sfacciata esuberanza incitano a non mollare perché loro ancora ci credono e credendoci, insegnano anche a noi a crederci un po’ di più.
Ai coordinatori il compito di formarsi ed informarsi, di mettere in campo abilità, sensibilità e comprensione, e con i rappresentanti di ciascun territorio parrocchiale seguiranno un itinerario formativo che consentirà a ciascun responsabile di avere strumenti idonei per approcciare le diverse realtà presenti, fondamentale per sviluppare la capacità di ascolto, comprensione, osservazione e soluzione verso le esigenze più disparate.
Il passo successivo e più importante, sarà non far spegnere l’entusiasmo al piccolo esercito delle carriole della speranza, che raccoglieranno doni da donare, sorrisi da elargire, sguardi da osservare e sogni da custodire.