“La mia vita è un casino. Mamma e papà si sono lasciati, mamma lavora, la maestra mi grida addosso e mio papà non mi dà niente”. Sembra incredibile, ma sono le testuali parole di una bambina di sette anni che vive in questo modo la separazione dei genitori. Poveri figli, è il caso di dirlo, orfani, nonostante i genitori siano vivi e vegeti, ma troppo occupati a farsi del male e a cercare surrogati alternativi alla famiglia, che però restano tali, cioè ripieghi inutili.
E i bambini assorbono come spugne e si ritrovano a crescere in fretta, a diffidare degli adulti che non sono più credibili. Si sentono appunto privati dell’amore e dell’attenzione che si deve loro ogni giorno, ogni minuto della loro vita e non solo a sprazzi, nei fine settimana, nelle pause pranzo e poi abbandonati come pacchetti postali tra nonni, zie e babysitter.
E vivono divorzi e separazioni come un doppio abbandono, soprattutto quando uno o entrambi i coniugi parlano male l’uno dell’altro ai bambini. La famiglia dovrebbe essere un nido accogliente, il luogo dell’incontro, della comunicazione, dell’educazione e della crescita responsabile di tutti i suoi membri grandi e piccoli.
Diventa invece sempre più spesso luogo di scontro, un ring, dove ciascuno dà libero sfogo alla rabbia repressa, alle frustrazioni, ai problemi che si portano in casa dall’esterno. E volano insulti, recriminazioni, accuse, la voce si fa grossa e nei casi peggiori si passa anche alle mani. Le parole uccidono e, utilizzate solo per accusare, rimproverare, offendere, non portano a nulla di buono.
E i bambini assistono impotenti a questo spettacolo e imparano la violenza e l’aggressività, oltre ad apprenderle quotidianamente dai giochi “mortali” che circolano in rete e che scaricano sui loro tablet con una maestria incredibile. E che ne sarà del loro futuro? Si porteranno sempre dentro quei sentimenti di paura, di abbandono e destabilizzazioneper la perdita di quella sicurezza familiare (mamma e papà si amano e tutti e due amano me) in cui sono nati e cresciuti e che rappresenta per loro quel sostegno sicuro sul quale poter fare sempre affidamento, che c’era, ma che non ci sarà più.
Per non parlare dei sensi di colpa che i piccoli, anche se del tutto innocenti, anzi uniche vere vittime della separazione, attribuiscono a se stessi per la separazione dei genitori. Non dimentichiamo che, per sua natura, il bambino non può emotivamente mettere in discussione i propri genitori e dunque modifica la realtà dei fatti, difendendoli e ritenendosi colpevole di quanto gli accade; e continua a vivere portandosi dentro un vero e proprio lutto per la perdita di una relazione affettiva che non tornerà mai più come prima. Che fare? Come aiutare questi innocenti? Prevenire. Come donne e uomini di oggi dobbiamo essere responsabili e credibili.
E’ innegabile, i piccoli ci guardano e ci imitano. La sfida è quella di essere degli esempi affidabili, buoni, non perfetti, perché la perfezione non esiste. Se mio figlio interagisce urlando, è aggressivo e violento dovrò chiedermi se ha imitato da me questo modo di comunicare. E va corretta la comunicazione di coppia e la modalità educativa, dando preferenza al dialogo, a scelte condivise con serenità, dando la priorità al bene e all’ amore per i figli sempre, anche in fase di separazione.
Per fare meno danni possibile. Come? Concretamente ci si può rivolgere ai centri di mediazione familiare che sono presenti in tutta Italia. Anche qui sulla nostra isola a breve sarà operativo il Consultorio Diocesano “Giovanni Paolo II” che offrirà una vasta gamma di servizi alle famiglie in crisi, tra cui: Consulenze psicologiche – Psicoterapia Individuale – Psicoterapia di coppia – Psicoterapia Familiare – Mediazione Familiare – Gruppi di sostegno alla genitorialità.
Ma prima di arrivare a questo bisogna prendersi cura di se stessi e di chi ci sta accanto e stabilire relazioni interpersonali sane; ed essere consapevoli che la famiglia, nonostante la destabilizzazione e gli attacchi di ogni sorta che oggi subisce, come nucleo affettivo resta sempre il fondamento, il centro stabile, la guida, il porto sicuro: rappresenta per un bambino il luogo più importante per la sua sicurezza e serenità, la base su cui andrà a costruire la propria personalità.
È nell’ambiente domestico, infatti, che i figli sperimentano i primi approcci con l’altro, fanno esperienza del diverso da sé, comprendendo di essere soggetti unici e irripetibili; ma, soprattutto, è proprio qui che i figli vivono la prima significativa esperienza di amore. Già, è solo una questione d’amore e vorrei rammentare a tutti coloro che nella vita di coppia si chiamano quotidianamente “Amò”, se ricordano più le parole di San Paolo su questo sentimento.
Prima di adirarsi, di rimproverare, di accusarsi a vicenda e di scatenare l’inferno nella vita dei figli, varrebbe la pena rileggere qualche versetto della I lettera di San Paolo ai Corinzi. ( La parola usata da san Paolo è Carità, ma ai credenti non sfugge che questa è la più alta forma d’amore)“L’amore è paziente, è benigno l’amore; non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine”.