Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Pontificale presso la Chiesa di S. Carlo e Santuario della Madonna della Libera

Domenica 21 novembre XXXIV del Tempo Ordinario

Con la XXXIV domenica del Tempo Ordinario si conclude, come di consueto, l’Anno Liturgico. Da domenica prossima la Chiesa entra nel tempo dell’Avvento, dell’attesa della nascita di Gesù.

Si conclude dunque un ciclo per aprirne uno nuovo, ma la chiusura non poteva non avvenire con una festa che rappresenta il culmine della vita di Gesù, la realizzazione piena della sua esistenza terrena, l’esempio massimo e perfetto del suo trionfo. Una festa che è un paradosso.

Il Vescovo Gennaro lo ha ricordato con grande precisione nella omelia pronunciata domenica scorsa durante la Celebrazione Eucaristica da lui presieduta presso il Santuario della Madonna della Libera in Forio, nella località Cierco, piccolo scrigno di bellezza, fede e antiche devozioni, come ha ricordato il Diacono Salvatore Nicolella nel suo sentito discorso di benvenuto che ha rivolto al Vescovo, giunto in visita in occasione dei festeggiamenti per la Madonna della Libera.

Una festa – ha dunque ricordato il Vescovo – che contiene un paradosso: si celebra un re, il nostro re, ma questo re è speciale e diverso. Per la nostra mentalità terrena quando si pensa ad un re si associa subito l’idea di un palazzo, di ricchezza, agi e poteri; ma niente di tutto questo appartiene al nostro re, Gesù Cristo, morto per noi, ma sempre vivo in mezzo a noi.

Per capire il senso di questa festa e del paradosso che la caratterizza bisogna ricorre alle Sacre Scritture, a quanto ci ha lasciato detto Gesù. Egli, è scritto nel Vangelo, ai discepoli che chiedevano, con non poca presunzione, chi di loro fosse il più importante, rispondeva “I re delle nazioni le dominano e le opprimono, ma non è così tra voi, tra voi chi vuol essere il più grande sia il più piccolo, l’ultimo, il servo di tutti”. Dunque Gesù è stato chiaro, il più grande è il più piccolo.

I paradossi si susseguono, ma non per san Francesco d’Assisi, santo spesso citato dal Vescovo Gennaro per la bellezza e la purezza del suo esempio. San Francesco – ha detto il Vescovo Gennaro – aveva compreso la grandezza di quel paradosso e lo aveva interpretato in tutta la sua vita, lasciandone traccia anche nel nome (Frati Minori, cioè più piccoli) che aveva voluto fosse il contrassegno di coloro che avrebbero continuato la sua opera.

Il senso vero dell’essere re per Gesù è l’esatto opposto di quanto la mentalità umana e terrena possa immaginare, poiché Gesù diventa re grazie alla croce, la quale, secondo le sue stesse parole “lo innalza dalla terra e fa sì che tutti siano attirati verso di lui”.

Gesù regna sulla croce e la croce è il massimo esempio dell’amore del Signore per noi. Gesù aveva detto che non c’è amore più grande che dare la propria vita per gli altri e lui sulla croce ha dato la vita per noi, mettendo in pratica fino alla fine ciò che aveva detto, di essere cioè venuto sulla terra non per essere servito, dunque non per esercitare un potere, ma, al contrario, per servire. «Per capire il regnare di Gesù dobbiamo metterci sotto la croce, chi ama regna, chi serve regna».

Ma non è certo facile – ha precisato il Vescovo – la mentalità terrena che spinge l’uomo a prevalere sull’altro, ad esercitare un potere che è spesso sopraffazione e prepotenza, è molto diffusa, anche tra preti, vescovi e operatori parrocchiali. «È necessario perciò essere sempre vigili e attenti, riflettere sulle nostre vite e sulle nostre priorità, per capire se esse siano in linea con il Vangelo o piuttosto divergano da esso in modo pericoloso. Il primato va dato all’amore che si fa donazione e servizio, accoglienza e altruismo».

Ecco dunque che si profila con chiarezza il significato del regno di cui Cristo è re: è il regno dell’amore e della giustizia, della verità, della pace e della solidarietà, il regno che noi tutti siamo chiamati a realizzare, oggi, ora, su questa terra, sebbene la pienezza potrà esserci solo alla fine dei tempi.

E questo è anche il senso delle parole che così spesso pronunciamo contenute nel Padrenostro: “Venga il tuo regno”. Ognuno di noi può e deve fare la sua parte affinché questo regno si realizzi. Lo possiamo fare con l’aiuto della Madonna, che con tanta passione e convinzione ha percorso prima di noi i passi che portano all’avvento del regno di Dio, lo ha fatto credendo, amando, sperando, avendo fiducia.

Il Vescovo ha concluso con una invocazione alla Madonna della Libera, affinché ci liberi da tutti quei sentimenti che contrastano il regno di Dio, gli egoismi, la prepotenza, l’invidia.

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di