Commento al Vangelo Gv 1,1-18
Non è facile comprendere in un’unica celebrazione la portata e la grandezza del Natale. Come i pranzi di questo periodo, il tempo liturgico ci offre una “abbuffata” di celebrazioni che ci dovrebbero aiutare a percepire la grandezza di ciò che stiamo celebrando.
In questa domenica nuovamente ci viene riproposto il brano del “Prologo” del Vangelo di Giovanni. L’Evangelista ha un modo tutto suo per dirci il Natale, non fatto di sdolcinature e infarinature varie, ma mostrandoci tutta la drammaticità dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Vorrei donarvi ancora una volta tre parole per capire questo testo.
La prima parola è Luce. Il prologo ci parla di abbraccio tra tenebra e luce e il luogo dove avviene questo abbraccio è il cuore dell’uomo. Lì si ripete ancora una volta la storia di questo testo: la luce splende eppure gli uomini hanno preferito le tenebre. Se ci guardiamo dentro spesso il nostro cuore è velato dalla presenza di tenebra e dall’ombra della morte; ancora quante paure, preoccupazioni, difficoltà, ferite, dolori sono in agguato e spesso dimostrano la loro forza su di noi.
Ma basta un frammento di luce a vincere tutto il buio, per questo Dio sceglie di vincere servendosi di un bambino nato in uno sperduto buio del mondo. Il Natale è la vittoria di tutto ciò che è piccolo ma che essendo Luce per sua stessa natura vince l’impero di ogni tenebra.
Coraggio allora fratello! Coraggio sorella! Coraggio o voi tutti che “giacete nelle tenebre e nell’ombra di morte”. Per quanto vi sembri ora insormontabile il buio della solitudine, della disperazione o della prova che state vivendo, ricordatevi che Dio vince con poca luce.
Ma bisogna credere a questa luce. Bisogna credere più ad essa che alle tenebre. Gesù è venuto per te! Credigli!
La seconda parola è Carne. Papa Francesco ci ricorda quanto sia paradossale, assurdo quello che ci dice il Natale: “Colui che abbraccia l’universo ha bisogno di essere tenuto in braccio. Lui, che ha fatto il sole, deve essere scaldato. La tenerezza in persona ha bisogno di essere coccolata. L’amore infinito ha un cuore minuscolo, che emette lievi battiti.
La Parola eterna è infante, cioè incapace di parlare. Il Pane della vita deve essere nutrito. Il creatore del mondo è senza dimora”. Eccolo il tuo Dio: lo vedi? Non dona nulla ma chiede, non ha deliri di onnipotenza, ha perso la sua regalità, li ha deposti nella nostra umanità. Non ci sono angeli, ma una ragazza inesperta e generosa che si occupa di lui.
Questo Dio non sa risolvere i miei problemi, non sa neanche risolvere i suoi; non voglio un Dio che mi crea problemi, ma che li risolva. Voglio un Dio potente e forte, non un neonato bisognoso di tutto. Vorrei qualche effetto speciale, così per convincermi e invece. Resto affascinato e stordito da questa verità. Un Dio che impara a cantare con gli amici, che gioisce e si stupisce davanti alla primavera e ai giochi dei bambini.
Che conosce l’amarezza della delusione, dell’uomo che preferisce le tenebre alla luce. Dio diventa uomo sul serio non per finta. Non vuole privilegi, non bara, non usa trucchi. Dio non solo si è fatto uomo perché l’uomo diventi come Dio, ma perché l’uomo diventi veramente uomo, diventi più uomo.
Nella tenerezza e nella piccolezza noi diventiamo più uomini. Non abbiate paura della tenerezza e della piccolezza. L’ultima parola è Sguardo. A chi lo ha accolto ha dato loro, il potere, lo sguardo dei Figli, così recita il vangelo. Mi sono chiesto: A che cosa è servito vedere il bambino per i pastori? A cosa è servito vedere una mangiatoia, il più normale dei segni per loro?
Dopo che i pastori hanno visto quella mangiatoia tornano al loro lavoro; il lavoro è lo stesso, la vita ugualmente meschina e misera, ma il loro cuore non lo è più, è cambiato. Mi commuovo davanti a questo: tutto uguale ma con il cuore diverso. Il nostro sguardo può cambiare, la luce del nostro cuore può vedere al di là delle apparenze. Puoi vivere la stessa vita di sempre ma con un cuore che batte diversamente.
Lo sguardo è lo sguardo da figli, che sanno di non essere soli, di avere una casa, un cuore e una vita divina! Infine il Vangelo ci provoca ancora una volta e che chiede a te di accoglierlo se vuoi, qui, adesso, oggi. Anche se il nostro cuore è pesante e vuoto, come una grotta, come una stalla. Come quella grotta.
Prego perché ciascuno trovi quella poca luce che gli permetta di fare il passo successivo, quella poca luce che possa fargli dire “non è finita! Prego perché possiamo da oggi vivere la tenerezza e la piccolezza tra di noi. Prego perché il Natale sia per voi la festa dei cuori che si trasformano in mangiatoia.
Mettiamoci nelle sue mani come lui si è messo nelle nostre. Il suo Natale sei tu!
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Commento al Vangelo Gv 1,1-18
Non è facile comprendere in un’unica celebrazione la portata e la grandezza del Natale. Come i pranzi di questo periodo, il tempo liturgico ci offre una “abbuffata” di celebrazioni che ci dovrebbero aiutare a percepire la grandezza di ciò che stiamo celebrando.
In questa domenica nuovamente ci viene riproposto il brano del “Prologo” del Vangelo di Giovanni. L’Evangelista ha un modo tutto suo per dirci il Natale, non fatto di sdolcinature e infarinature varie, ma mostrandoci tutta la drammaticità dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Vorrei donarvi ancora una volta tre parole per capire questo testo.
La prima parola è Luce. Il prologo ci parla di abbraccio tra tenebra e luce e il luogo dove avviene questo abbraccio è il cuore dell’uomo. Lì si ripete ancora una volta la storia di questo testo: la luce splende eppure gli uomini hanno preferito le tenebre. Se ci guardiamo dentro spesso il nostro cuore è velato dalla presenza di tenebra e dall’ombra della morte; ancora quante paure, preoccupazioni, difficoltà, ferite, dolori sono in agguato e spesso dimostrano la loro forza su di noi.
Ma basta un frammento di luce a vincere tutto il buio, per questo Dio sceglie di vincere servendosi di un bambino nato in uno sperduto buio del mondo. Il Natale è la vittoria di tutto ciò che è piccolo ma che essendo Luce per sua stessa natura vince l’impero di ogni tenebra.
Coraggio allora fratello! Coraggio sorella! Coraggio o voi tutti che “giacete nelle tenebre e nell’ombra di morte”. Per quanto vi sembri ora insormontabile il buio della solitudine, della disperazione o della prova che state vivendo, ricordatevi che Dio vince con poca luce.
Ma bisogna credere a questa luce. Bisogna credere più ad essa che alle tenebre. Gesù è venuto per te! Credigli!
La seconda parola è Carne. Papa Francesco ci ricorda quanto sia paradossale, assurdo quello che ci dice il Natale: “Colui che abbraccia l’universo ha bisogno di essere tenuto in braccio. Lui, che ha fatto il sole, deve essere scaldato. La tenerezza in persona ha bisogno di essere coccolata. L’amore infinito ha un cuore minuscolo, che emette lievi battiti.
La Parola eterna è infante, cioè incapace di parlare. Il Pane della vita deve essere nutrito. Il creatore del mondo è senza dimora”. Eccolo il tuo Dio: lo vedi? Non dona nulla ma chiede, non ha deliri di onnipotenza, ha perso la sua regalità, li ha deposti nella nostra umanità. Non ci sono angeli, ma una ragazza inesperta e generosa che si occupa di lui.
Questo Dio non sa risolvere i miei problemi, non sa neanche risolvere i suoi; non voglio un Dio che mi crea problemi, ma che li risolva. Voglio un Dio potente e forte, non un neonato bisognoso di tutto. Vorrei qualche effetto speciale, così per convincermi e invece. Resto affascinato e stordito da questa verità. Un Dio che impara a cantare con gli amici, che gioisce e si stupisce davanti alla primavera e ai giochi dei bambini.
Che conosce l’amarezza della delusione, dell’uomo che preferisce le tenebre alla luce. Dio diventa uomo sul serio non per finta. Non vuole privilegi, non bara, non usa trucchi. Dio non solo si è fatto uomo perché l’uomo diventi come Dio, ma perché l’uomo diventi veramente uomo, diventi più uomo.
Nella tenerezza e nella piccolezza noi diventiamo più uomini. Non abbiate paura della tenerezza e della piccolezza. L’ultima parola è Sguardo. A chi lo ha accolto ha dato loro, il potere, lo sguardo dei Figli, così recita il vangelo. Mi sono chiesto: A che cosa è servito vedere il bambino per i pastori? A cosa è servito vedere una mangiatoia, il più normale dei segni per loro?
Dopo che i pastori hanno visto quella mangiatoia tornano al loro lavoro; il lavoro è lo stesso, la vita ugualmente meschina e misera, ma il loro cuore non lo è più, è cambiato. Mi commuovo davanti a questo: tutto uguale ma con il cuore diverso. Il nostro sguardo può cambiare, la luce del nostro cuore può vedere al di là delle apparenze. Puoi vivere la stessa vita di sempre ma con un cuore che batte diversamente.
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Don Cristian Solmonese
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