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Commento al Vangelo, Lc 4,21-30

Ma come si permette? Ma chi si crede di essere questo giovane presuntuoso? Noi sapremmo riconoscere Elia o Eliseo! Sapremmo accogliere il Messia, se Adonai lo inviasse! Gesù arrotola il profeta Isaia e la gente inizia a mormorare a voce sempre più alta. L’effetto della parola spiegata è sempre questo. Ma non è il figlio di Giuseppe? Il falegname? Sì, è lui! Ho anche un bel comò che mi ha fatto suo padre! Ma che gli prende? Si è montato la testa?

Oggi parliamo di profeti inascoltati. Oggi parliamo di come Dio sia venuto a parlare di sé e noi, che buffo, ci siamo rifiutati di ascoltarlo. La gente non accetta che il figlio di Giuseppe, il carpentiere, faccia il profeta. Troppo conosciuto questo Messia, troppo deludente, troppo umano per scuotere i concittadini di Nazareth, troppo ovvio per poter solleticare gli appetiti spirituali.

Le ragioni del rifiuto sono evidenti: Gesù è un Messia banale, poco spettacolare, non corrisponde ai criteri minimi di serietà del profeta standard. Sembra di leggere in filigrana la storia del profeta Geremia: anche lui mandato da Dio a Israele a chiedere attenzione e conversione, vivrà tutta una vita d’incomprensione e scontro fino ad essere ucciso. Gesù rivela il vero volto di Dio; lui conosce il Padre, perché il Figlio di Dio è venuto sulla terra per dirci chi è Dio, come è fatto. E il Dio di Gesù è splendido: un padre premuroso e maturo che sostiene i suoi figli, li tratta con dignità, li lascia liberi e autonomi per realizzarsi e crescere, affida loro un mondo da custodire e coltivare.

Eppure, lo sappiamo, risulta difficile accorgerci di Dio: travolti dalle preoccupazioni, la dimenticanza finisce col caratterizzare la nostra vita delirante; non abbiamo più la capacità di fermarci e guardarci dentro e leggere la realtà col cuore. Gesù finalmente è venuto a togliere dalla nostra testa e dalla nostra cultura la visione di un Dio despota e asettico, una percezione infantile della sua presenza, una visione demoniaca di Dio. È venuto a parlarci di un Dio che va verso l’uomo non contro l’uomo. Ma, a Nazareth come oggi, non tutto va da sé. L’uomo rifiuta il vero volto di Dio. Un Dio-uomo cosa ci può portare? Meglio tenersi un Dio severo da convincere, un Dio interventista da adorare con devozione in attesa di qualche miracolo. Gesù – ahimè – delude le nostre attese trionfalistiche, mortifica il nostro puerile desiderio di un Dio factotum. Gesù è un po’ deludente, obbliga alla verità, ci spinge ad entrare nel senso profondo della storia e della vita, non offre scorciatoie allo scoprire il senso nascosto della vita, né affrettate soluzioni alle inevitabili sofferenze del vivere.

Accade così anche al nostro mondo disincantato e cinico: siamo talmente impregnati di ciò che pensiamo essere il cristianesimo da non riconoscere il vero volto di Dio. Ancora oggi molti fratelli e sorelle sono scandalizzati dal fatto che la parola grande di Dio è consegnata alle fragili mani di discepoli spesso incoerenti. Ci fermiamo al messaggero ignorando il messaggio. Come vorrei gridare forte ai fratelli che non credono: andate al Gesù del vangelo! Non al Gesù del catechismo o delle nostre noiose prediche! Andate alla sorgente, non lasciatevi fermare dalla nostra incoerenza! Il tesoro è custodito in fragili vasi di creta, la fontana è arrugginita ma l’acqua che vi sgorga è pura e fresca. Dio (che mistero!) accetta il rischio di affidare alle nostre balbettanti parole la sua Parola. Attenti, però, cari cercatori di Dio, cari discepoli del Nazareno.

Questa pagina non è rivolta anzitutto a chi non crede, ai lontani, ai sé dicenti atei. È anzitutto rivolta a noi discepoli del Risorto, a noi che frequentiamo la sinagoga, che ci sentiamo figli di Abramo. Il mondo non è diviso in chi crede e in chi no, ma in chi ha il coraggio di accogliere e chi è sclerotizzato sulle proprie convinzioni, anche su quelle belle e sante. Se perdiamo il senso della Profezia, se non ci lasciamo scuotere dal Geremia di turno, se non abbiamo il coraggio di ricordarci che, pur discepoli, siamo in continua conversione, rischiamo di allontanare Gesù dalla nostra vita e dalla Chiesa o, peggio, di buttarlo giù dal precipizio perché non la pensa come noi.

La Chiesa necessita di profezia e di profeti, di posizioni scomode e all’apparenza irriguardose per mantenere vivo il carisma fecondo del vangelo. Guai a spegnere lo spirito della profezia! Lo spirito di profezia sempre con amore, distinguendo i profeti dai rompiscatole. Gesù ci lascia splendidamente liberi di accettare la sua sfida, di accogliere la buona notizia di un Dio che ci ama sul serio o restare tassellati alle nostre opinioni. Ci lascia liberi di scegliere, sul serio, di amarlo. O anche noi preferiamo buttare Gesù dal burrone perché non dice ciò che vorremmo?

Don Cristian Solmonese

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