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La mafia ritorna con volti nuovi

Bisognerebbe stare scalzi sul pavimento della sacrestia di don Peppino Diana. È terra sacra

Don Ciotti sulla tomba di don Diana

Da ventotto anni, alle 7:30 di ogni 19 marzo, a partire da quello tragico del 1994 in cui don Peppino Diana fu ucciso dal clan dei casalesi, don Luigi Ciotti non manca mai a Casal di Principe: a dir messa, a onorare la tomba del sacerdote che ha sconfitto gomorra.

«Casal di Principe è molto cambiata: sta diventando una città normale, ma loro (i camorristi, n.d.r.) vogliono tornare, dobbiamo stare attenti». Mentre si confida con le persone che lo accompagnano alla tomba di don Peppino, si guarda intorno, involontariamente. Dietro di lui centinaia di persone, di ragazzi. Un gruppo di scout arriva anche da Gorizia, guidati da Massimiliano, Max, che non ha dormito di notte per arrivare puntuale di mattina presto.

Sono tutti in processione per andare a pregare sulla tomba di don Peppino. Mentre tanti entrano, un folto gruppo di ragazzi si dispone in cerchio all’esterno del cimitero, insieme con il vescovo ausiliare di Pozzuoli, don Carlo Villano, confratello di don Diana quando era prete nella diocesi di Aversa; e cominciano a raccontare la Casale che fu.

Quella che la gente del posto e tutti gli italiani vogliono lasciarsi alle spalle. Perché da questo paesino del Casertano, ma anche da Casapesenna e San Cipriano d’Aversa: i tre paesi che furono definiti il triangolo della morte dall’Onu, per anni, in silenzio, fu condizionata l’Italia, fu inventata l’emergenza rifiuti e commessi migliaia di crimini efferati. Ma ora l’aria sembra cambiata. Casal di Principe sta realmente cambiando.

Il suo sindaco, Renato Natale, amico di don Peppino, sindaco da pochi mesi quando fu ucciso, ritornato sindaco da qualche anno, che i boss volevano uccidere, proprio ieri mattina ha postato su Facebook un commento video in cui racconta una città che vuole essere normale, che non è più la città dei falsi casalesi, cioè gli uomini del clan.

Il pellegrinaggio

Il pellegrinaggio di don Ciotti sui passi di don Diana è cominciato puntuale alle 7:30, nella parrocchia di San Nicola di Bari, nel cuore di Casal di Principe. A presiedere la santa messa monsignor Carlo Villano, vescovo ausiliare di Pozzuoli. L’arcivescovo di Aversa, Angelo Spinillo, ha lasciato a lui la concelebrazione: un atto di affetto verso un confratello sacerdote appena divenuto pastore in un’altra comunità. 

«Don Peppino è stato un uomo giusto, giusto come Giuseppe, san Giuseppe; giusto come Abramo, fedele alla parola di Dio. Don Peppino è stato un uomo giusto, fedele alla parola di Dio e alla sua gente. E per la sua gente è morto, è stato ucciso».

Tra i sacerdoti a concelebrare anche don Maurizio Patriciello, il parroco del parco Verde a Caivano, minacciato proprio nei giorni scorsi dalla camorra per il suo impegno contro i clan e la terra dei fuochi. Ma anche don Clemente Petrillo, il confessore di don Diana o don Stefano Giaquinto, un sacerdote attento alla pastorale della legalità della diocesi di Capua, a lungo sotto protezione.

Sulla tomba

«Don Peppino deve darci una pedata. Deve svegliarci, perché spesso rischiamo di addormentarci», dice don Ciotti sulla soglia della tomba di don Diana, mentre ha accanto Marisa ed Emilio Diana, i fratelli del sacerdote. «Nonostante i grandi immensi cambiamenti che ci sono stati, che ci sono, loro tornano (i camorristi, n.d.r.) con volti nuovi, storie e facce nuove. Lui (Don Diana, n.d.r.) è morto e noi dobbiamo essere più vivi per combatterli.

Come ha fatto Augusto Di Meo, l’unico che ha avuto il coraggio di testimoniare e di cui lo Stato si è dimenticato». La visita al camposanto di Casal di Principe continua con l’omaggio di tutti, e con don Ciotti che depone per ognuno dei fiori, a tutte le vittime innocenti della camorra. Centinaia nel Casertano. Forse oltre mille. A partire da quella di Domenico Noviello, ucciso a Castelvolturno perché testimoniò contro il racket.

Casa Don Diana

La giornata di don Ciotti prosegue incontrando gli studenti arrivati da tutta Italia a Casa don Diana, una villa confiscata a un boss, diventato il centro delle attività dei ragazzi di don Peppe, ormai tutti adulti. Insieme con don Luigi anche Nicola Morra, il presidente della Commissione Antimafia, che lo accompagnerà per tutta la giornata.

Anche lui è venuto a onorare la tomba di don Peppino, come questori, carabinieri, magistrati, giornalisti. Subito dopo, don Ciotti ha visitato ad Aversa il parco Valerio Taglione, il ragazzino scout che nel 1994 era impegnatissimo accanto a don Peppino e che è scomparso da poco per un male oscuro; le botteghe solidali; le tante cooperative nate nei beni liberati dalla camorra.

La vera rivoluzione di don Peppe Diana: il miracolo che ha mostrato alla gente di Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa che un altro avvenire era possibile, oltre la camorra.

Fonte: Luigi Ferraiuolo – Famiglia Cristiana

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